Se il dialetto milanese è bello o brutto. Il nostro dialetto, di cui accenneremo brevemente le origini e lo sviluppo, ha una gloriosa storia. E’ bello il milanese, almeno per noi: esso è espressivo, sonoro, atto allo sdegno e alla dolcezza di sentimenti gentili; sa pur essere rude, volgare, pronto alla satira mordace e all’invettiva. Dante però non ne voleva sapere; e nel “Vulgaris Eloquentia” si permette di strappare come erba cattiva, insieme col bergamasco, anche il milanese e ricorda con una certa compiacenza una poesia, che già allora correva in dileggio di questi dialetti nord Italici:
In tel’ora del vesper Ziò fu nel mes d’ociover.
Allo stesso modo non si vergognò di pensare Luigi Pulci che il 22 settembre 1473 ebbe la sfacciataggine di mandare da Milano a Lorenzo de’ Medici sonetti obbrobriosi, di cui non si laverebbe la colpa con tutta l’acqua del Seveso, del Lambro, dell’Olona. Risulta che Lorenzo de’ Medici sapeva il milanese.
Il Manzoni, affezionato al milanese e dotto nel suo dialetto, assegnava una parte di ragione nel sec. XVIII al Branda, nel XIX al Giordani. Il milanese è realmente il linguaggio di un popolo dal cuore aperto, bonario, inclinato alla benevolenza verso ognuno, amante della buona tavola e in generale di tutti i piaceri del senso, lieto, proclive alla sguaiataggine più che alla vera arguzia, ricco di buon senso, alla mano. Un linguaggio fine il milanese non si potrebbe dire: efficace è di sicuro. Tale è il giudizio aspassionato di un uomo competente: Pio Rajna (filologo e letterato, 1847-1930)
Post Mauro Porro
Da: I LOMBARDI di Alessandro Visconti – Canti, novelle, tradizioni delle regioni d’Italia – Milano – Casa Editrice Scolastica Luigi Trevisani
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