Che estetica e politica siano sempre più unite, in un mondo che si è fatto immagine, non è difficile capirlo. D’altronde, la politica vive di simboli. E l’immagine che il leader dà di sé serve molto più di mille concetti per trasmettere idee e visioni del mondo.
Bene fanno studiosi di diverse discipline a studiare questi elementi. Quel che non è lecito è alludere a questi studi per dare una patina di scientificità a quel che scientifico non è: la voglia matta di deligittimare moralmente l’avversario politico, distruggerlo, annientarlo. Ed è una tattica che l’intellettuale di sinistra usa almeno dai tempi della “discesa in campo” di Berlusconi, a cui venivano imputati gusti da parvenu, con tanto di annessa invidia sociale. Il dispotivo delegittimante può però sfuggire di mano, un po’ per la fretta e un po’ per la supponenza di credere il lettore facilmente suggestionabile.
BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI
La categoria di trash che Marco Belpoliti, con chiaro intento denigratorio, ha chiamato in causa qualche giorno fa su Repubblica partecipando al gioco del “dagli alla Meloni” ha infatti una tale complessità in estetica da non potersi ridurre a quel significato di “cattivo gusto” che gli dà il senso comune. Belpoliti imputa alla Giorgia nazionale «l’inflessione romana, da borgatara, il suo modo di vestirsi, le posture che prende nei comizi». Ma il sottinteso è più profondo: “questi son brutti, sporchi e soprattutto cattivi (cioè fascisti)”. Trash Berlusconi per essere troppo affettato, trash Salvini per evidente rozzezza, trash oggi Meloni per il suo porgersi da coatta.
Che volgarità quel Salvini che non metteva mai la cravatta e a torso nudo andava a ballare d’estate al Papeete sorseggiando un ghiacciato mojito fra ballerine svestite e danzanti. Ora che Salvini ha messo giacca e cravatta, ma soprattutto sembra meno votato della Meloni, quest’ ultima diventa di colpo l’icona femminile del trashismo italico perché, come ha detto la livorosa filosofa Rosi Braidotti, urla ai comizi e crede ai banali valori dell’italiano medio. Ecco, quel che emerge, in questi come in mille altri interventi di intellettuali di sinistra, è proprio il ritenersi lontani dai gusti, trash appunto, degli italiani, alla fine tutti poco chic e tutti un po’ fascisti («se continua così non torno in Italia», ha detto la Braidotti). Mai, per dire, da questi intellettuali una riflessione sul “cattivo gusto”, a suo modo, della pochette contiana, o del prendere il sole all'”Ultima spiaggia” di Capalbio in una artefatta atmosfera di finta semplicità.
Alla destra si imputa, in sostanza, di essere troppo vicina ai modi di essere e fare del popolino, troppo lontana da quei canoni di “buon gusto” che sono in fondo, diceva Tommaso Labranca in un suo pamphlet sul trash, il pregiudizio estetico dell’intellettuale medio e mediocre. Il quale non è fuori dalla mischia, pur credendo di esserlo e compiacendosene: è solo altrimenti e non spontaneamente mediocre come siamo un po’ tutti nella società di massa.
Laura Boldrini sulla Meloni ha aggiunto il suo carico da novanta, in barba alla tanto declamata “solidarietà di genere”, stigmatizzando il suo richiamarsi a idee “medievali” su famiglia e gender. Il che denota una doppia ignoranza: su quel che è stato il Medioevo effettivo, storico, in cui gli stessi nostri istituti civili sono maturati; e sul fatto che il trash sia qualcosa che appartiene all’epoca post-moderna, con il suo mescolare vecchio e nuovo, e non a un passato che ci ha invece donato sublimi opere classiche.
MAESTRINI DI BUONI COSTUMI
Il fatto è che c’è un trash buono e uno cattivo: quello di chi, senza averne gli attributi, si erge a maestrino di “buoni costumi” e correttezza politica; e quello di chi, proprio per combattere tanta ipocrisia, si sente parte del popolo ed è contento di averne vezzi e virtù. E che casomai usa l’arma del trash per combattere la “boria dei dotti” che vorrebbero imporci le loro idee dall’alto e per decreto legge. E dire che dovrebbe essere la sinistra a essere dalla parte dei semplici, di chi davvero vive nelle borgate! «Oggi il vero trash» – ha scritto Slavoj Zizek in Il trash sublime – «sono gli stessi oggetti “belli” dai quali siamo continuamente bombardati da tutte le parti; di conseguenza, l’unico modo per sfuggire al trash è mettere il trash stesso nello spazio sacro del Vuoto». Un ragionamento che dall’estetica può essere traslato alla morale del politicamente corretto e alla politica dei sapientoni e degli esperti.
E se alla fine il vero trash politico non fosse proprio usare ogni mezzo per vincere le elezioni, screditando e degradando moralmente l’avversario? Oppure pretendere di governare anche senza un responso positivo delle urne, come accade in Italia da un po’? Se il trash indica una dissonanza, una voce stonata, in democrazia ove esso sia è ben facile capirlo, anche se la strategia è quella di confonderci le idee.
Corrado Ocone (Libero)
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