Il Pd deve scegliere se essere Macron o Mélenchon, ormai a sinistra il campo largo non c’è più

Attualità

Tra le conseguenze della scissione dei dimaiani, oltre alla fine ormai conclamata dei 5 stelle, c’è un’altra debacle: quella della strategia del campo largo. Per mesi, forse anni, il Pd, prima quello di Zingaretti e dopo quello di Letta ispirati entrambi da Bettini, hanno scommesso sull’alleanza con il movimento grillino. Solo i dem non si erano accorti di quello che da mesi appare evidente: il progetto che ha conquistato il 30 per cento degli italiani nel 2018 non esiste più da tempo, non per un problema di leadership ma di consenso, di base sociale.

Ma nonostante questa evidenza il Pd non ha voluto cambiare strategia: ha preferito seguire i 5 stelle sulla strada del giustizialismo – unico elemento che ancora resta del vecchio movimento unito e trionfante – piuttosto che cambiare progetto. È vero che l’alleanza con il partito del populismo e dell’antipolitica sembrava l’unica strada per opporsi a un centrodestra non ancora imploso e che infatti nelle ultime elezioni amministrative è andato bene. Questa è l’unica motivazione che si può capire: allearsi non per convinzione ma per necessità. Ma era evidente che quell’alleanza non reggeva, non solo per le differenze sostanziali, ma soprattutto perché i Cinque stelle da tempo erano divisi, senza guida politica, senza bussola se non quella indicata dal Fatto quotidiano.

Si è perso tempo. Tanto, troppo tempo. E oggi che il re è nudo è difficile capire quale sarà la scelta che farà Letta. Intanto chi sceglierà tra Di Maio e Conte. Starà con il ministro degli Esteri che va a infilarsi in quella zona di centro che oggi ha più attori in commedia? Oppure continuerà a fare il filo a un Conte che sulla guerra in Ucraina ha preso posizioni distanti dal governo e dal Pd? Qualsiasi sia la scelta, il campo largo si restringe sempre di più, fino quasi a scomparire. Tornati al punto di partenza dello scacchiere, forse si può finalmente ragionare non di alleanze tattiche, ma di questioni politiche. E allora la domanda non è se il Pd sta con Di Maio o con Conte, ma se sceglie di essere Macron o Mélenchon. Se cioè preferisce andare a collocarsi al centro, diventando l’aggregatore delle diverse forze che in questo momento gravitano intorno a quell’area, supponendo che gli altri siano disposti a farglielo fare. Oppure si rimette a fare la sinistra, lasciandosi alle spalle draghismo e populismo. Per scegliere la seconda opzione si dovrebbe ragionare di politica, elaborare una propria visione, non farsi invischiare nelle liti altrui.

(Angela Azzaro – Il Riformista)

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