Ora silenzio dopo i funerali di Diana “Viviamo un senso di impotenza per quello che avremmo potuto fare”

Società

Silenzio. Tutto è compiuto. Non doveva finire così. Silenzio e rispetto per un angelo che chiedeva solo di vivere, conoscere i sorrisi e i pianti, la pioggia e il sole, la realtà e i sogni.  4 chilometri tra la casa di Ponte Lambro in cui è morta la piccola Diana e la chiesa di San Giuliano Milanese per l’ultimo saluto.

“Viviamo un senso di impotenza profonda, per tutto quello che avremmo potuto fare se avessimo saputo. Questo non ce lo toglierà nessuno”, ha detto durante l’omelia don Luca Violoni nel corso dei funerali. Diana “non aveva la parola, non ha potuto verbalizzare quello che ha provato o chiedere a parole un aiuto” ha osservato, ma “Dio non vuole che si perda, e neanche sua madre” perché “ciascuno di noi vale enormemente”. Don Violoni ha poi citato il sociologo Zygmunt Bauman: “Sosteneva che siamo in una società liquida, mentre oggi verrebbe da dire che siamo in una società ‘gassosa’ dove il soggetto sembra squagliarsi su se stesso, incapace di azioni umane”.

Una morte che è un grido d’accusa, un pugno in faccia all’indifferenza, una frustata agli egoismi.

A che servono ora la folla piangente  e le  cinque donne con una maglia bianca che hanno sorretto uno striscione rosa con la scritta : “Volerò sulle ali del mondo nel cielo infinito”?  Retorica stridente per allontanare forse  un senso di colpa da razionalizzare, un perché a cui questa società deve dare una risposta. Ed è, comunque, un segno di partecipazione e di condivisione.

“Diana, noi non ti abbiamo mai abbandonato. È tua madre che è una pazza”. È stato l’urlo di Maria, la nonna materna della piccola Diana all’uscita dalla chiesa, piangendo sulla piccola bara bianca.

Una pazzia che, forse, ha chiesto una mano per camminare, una parola per chiarire il suo mondo immaginato, contorto, irreale.

Sono sicura che i palloncini bianchi sistemati all’ingresso della Chiesa, le abbiano strappato un sorriso

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