Guardavo divertita una goccia di pioggia su un petalo di magnolia. Brillava al pallido sole dell’alba e si pavoneggiava creando trasparenze e colori. Ma tu pensa, questa gocciolina insignificante come si dondola e danza e crede di essere chissà chi, riflettevo. Io sono la lacrima, la goccia dell’anima umana e canto il dolore, la gioia, l’emozione, la vita. Ma la goccia di pioggia continuava ad avere la spocchiosa sicurezza di essere bella, anzi bellissima alla luce perlata di quel mattino livido che si apriva al giorno. Io mi ero fermata lungo il solco di una ruga profonda di un vecchio stanco, nella malinconia sterile di una vita, ormai, senza speranza.
Mi osservò: “Io vengo da lontano, molto lontano, dalle nuvole del cielo. Sono nuvole perennemente in guerra che si affrontano con la forza dei tuoni e dei lampi, senza esclusione di colpi. Ma, una volta sulla terra, ho il compito di dissetare i fiori, alimentare le piante, purificare i fiumi, accarezzare il mare, suonare una dolce melodia. Io sono figlia dell’universo e appartengo al cielo e alla terra. Ma tu chi sei?”.
“Il mio universo è l’anima. Non posso parlarti dei suoi confini perché non ha confini. L’anima è infinita e meravigliosamente bella, comprende il cielo e la terra e s’innalza fino a Dio. Possiede infiniti modi per modularla. Io sono il fiore delle emozioni che sbocciano per dire “L’anima mi manda per farti sapere che… Ascolta e sentirai”. Il pianto del bambino che nasce è un saluto alla vita, il pianto disperato del primo amore tradito, , il pianto del dolore di fronte alla morte, il pianto di tenerezza per un ricordo, il pianto per una suggestione poetica, il pianto di gioia per un obbiettivo raggiunto, il pianto della malinconia, dell’ineluttabilità di una malattia, della sconfitta, della fragilità, della disperazione, della solitudine. E il tempo parla del pianto dei perseguitati, degli emarginati, degli incompresi, dei folli, dei martiri, dei tanti che soffrono per le ingiustizie sociali, per pregiudizi razziali, fanatismi religiosi. Ma quando l’uomo non ha più lacrime e il pianto è acido e muto, il dolore ha divorato il cuore e la volontà. Parlo dei bambini che muoiono di fame, delle loro madri, delle bambine costrette a prostituirsi, parlo del povero che ci vive accanto, parlo del suicida, parlo di tutti coloro a cui è negata la speranza. E allora vorrei dire “ Ogni giorno è un miracolo senza tempo, sotto il sole” (Cesare Pavese).”
La goccia di pioggia si mise al riparo del sole e, per niente intimidita, accoccolandosi al centro del fiore, mi sfidò:
“Sarà tutto vero, ma adesso ascolta tu. “Odi? La pioggia cade / sulla solitaria verdura / con un crepitio che dura /e varia nell’aria / secondo le fronde / più rade men rade /Ascolta. Risponde / al pianto il canto / delle cicale / che il pianto australe non impaura / né il ciel cinerino. / E il pino/ ha un suono e il mirto / altro suono, e il ginepro / altro ancora, strumenti diversi / sotto innumerevoli dita” (Gabriele D’Annunzio)
Noi siamo musica, poesia. E tu?”
“Le lacrime sono le prime parole di un’emozione. Sono le ali di un sentimento. Sono la vibrazione del cuore. E quando giocano sul ciglio degli occhi di un bambino incantato, quando indugiano sul viso per un bacio rubato, quando gridano il vuoto di una vita spezzata, quando accarezzano le mani di nostalgia, le lacrime sono già poesia e musica. Per il poeta, il musicista, l’uomo.
Ma tu non puoi capire”…
Nene Ferrandi dal volume “Milano si racconta”
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano