I socialisti masticano amaro. Non ne è stato eletto nessuno. Non è stato presentato nemmeno il simbolo. Non c’è stata alcuna campagna elettorale identitaria e nemmeno il programma di Italia Democratica e Progressista ha richiamato la pur esistente alleanza con i socialisti. D’altronde sono anni che i media progressisti oscurano la storia socialista non citando Giugni, Lombardi o Nenni oppure non richiamando la loro appartenenza socialista. Non è stato eletto il segretario Psi Maraio, candidato dietro la democratica D’Elia, al Senato nel collegio plurinominale Lazio 01. Neanche il suo avversario interno Bobo Craxi è stato eletto nell’uninominale Palermo Resuttana, terzo dietro la destra Varchi ed il 5stellato Penna. Certo c’è Stefania Craxi, eletta senatrice in Sicilia 03 Gela all’uninominale con il 37,5% ma lei, forzista, non è considerata socialista. Come non è considerato tale neanche il forzista ricco ranchero Battilocchio, altro eletto all’uninominale. Solo i magistrati continuano a considerarli tutti socialisti. In particolare la Corte di Cassazione, 21 anni dopo la morte di Bettino, ancora perseguita i socialisti, condannandone tutta la famiglia per evasione fiscale su conti del Psi di 40 anni fa considerati materialmente riconducibili a Craxi, l’unico segretario che non poteva non sapere. Il conto è di 10 miliardi di lire, 5 milioni di euro all’incirca e sembra la giustizia di Putin.
I socialisti l’avevano sfangata nel 2013, eleggendo con il Pd di Bersani, 4 deputati (Di Gioia, Di Lello, Pastorelli e la Locatelli) e due senatori (il segretario Nencini e Longo), ritornando a responsabilità governative; e nel 2018, rieleggendo, su 7 candidati, Nencini e Longo con Insieme (PSI, Verdi e Area Civica). Poi nel 2019 i socialisti erano rientrati nella grande politica permettendo al nuovo partito di Renzi, Italia Viva, di costituire il gruppo senatoriale (Italia Viva-PSI). Dopo l’ultimo voto, appare tutto da rifare; l’alleanza subalterna al Pd, a sua volta sconfitto, si è rivelata un abbraccio mortale che per lunghi anni l’intesa toscana tra Renzi e Nencini passata dal consiglio regionale toscano al Parlamento, aveva nascosto. Nondimeno i rapporti con il Pd hanno determinato una alta conflittualità interna al piccolo partito come storicamente hanno tempestato quelli tra i socialisti disseminati tra diverse formazioni e diverse coalizioni negli anni della guerra civile dopo Mani Pulite. Quest’ultima, affatto partita chiusa, come dimostra la Cassazione, continua a restare ferita emorragica senza fine.
Non c’è dubbio che, al di là del resto, non esiste rinascita socialista, senza la riabilitazione di Bettino Craxi, e senza alleanze con forze disponibili ad accertarla, che al momento non sembrano esistere a sinistra, neanche in quella più democratica e garantista. Nell’ultimo governo c’è un membro di quella tradizione, in uscita, Brunetta, come potrebbe esserci anche nel prossimo, con Tremonti. La fine però dell’eredità immediata della formazione di Bettino si avvicina per ragioni anagrafiche. I quadri del pentapartito, democristiani, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali, che furono una delle colonne del nuovo partito Forza Italia, senza la rivitalizzazione dei dibattiti congressuali, si sono ormai dispersi e non sembrano lasciare alcuna eredità. La vicenda storica però non lascia dubbi. I contenuti di quelle forze, occidentali, atlantiste, di capitalismo sociale sono state ereditate da chi le aveva osteggiate ed era sostenitore sostenuto di tirannidi asiatiche. Gli ex comunisti, sostenuti dai democristiani moraleggianti di sinistra hanno cercato di cancellare l’esperienza socialista, e di sostituirla senza riuscirci, divenendo invece un gigantesco partito radicale di massa destinato ad una continua emorragia di consensi.
Bisogna intendersi su cosa sia stata l’esperienza socialista. Nel mondo i socialisti sono comunisti da non confondersi con i socialdemocratici. Fino a Craxi, i socialisti restarono frontisti e vergognosi delle alleanze di centrosinistra. Con Bettino anche i socialisti italiani si fecero socialdemocratici come i corrispondenti tedeschi e francesi. La libertà venne issata sopra l’eguaglianza, anzi libertà e indipendenza, per quanto possibile nel contesto internazionale, vennero issati sopra l’eguaglianza. E la crescita dei meriti, cioè del capitalismo, che nel caso italiano, era anche nordismo, venne considerata fondamentale per la difesa dei bisogni di chi è più debole. Tutto questo restava in un alveo ricco di dibattito libero, suggestioni, libertarie, laiche, mai moralistiche, che non rinunciava all’ideale della costruzione di una società occidentale ma non americana. I socialisti avevano chiaro che il popolo desiderava il benessere e la felicità, non il pauperismo e l’invidioso moralismo; avevano chiaro che non c’era bisogno di uno stato guida da copiare a occhi chiusi, che tutto ciò rendeva l’indipendenza il primo tesoro da non perdere; seguivano attentamente i cambiamenti reali sociologici senza restare rigidi per teorie calate dall’alto.
Negli anni della guerra civile tra fautori di Mani Pulite, che erano gli stessi ballisti degli accusatori dello Stato golpista e della Resistenza tradita e la spuria alleanza tra le vittime di Mani Pulite, gli anticomunisti e gli antinazionalisti, quell’esperienza venne tenuta viva a fatica e sempre, nei contenuti, solo, a destra. I socialisti si divisero tra le due coalizioni armate una contro l’altra. I più genuini e coerenti con il loro recente passato furono i socialisti forzisti a destra. C’erano e ci sono socialisti più in sintonia con i Morandi, il primo Nenni, i Lombardi e costoro non possono che trovare naturale la subalternità con il grande partito proletario; l’unico problema è che quest’ultimo esiste solo un giorno l’anno, il 25 aprile.
Nella crisi che attanaglia la socialdemocrazia europea, il problema è alla radice. La digitalizzazione, che è una delle colonne del Pnrr, è una minaccia tremenda per i diritti ed i bisogni della classe meno abbiente, che oggi è ceto medio e ceto povero; una minaccia perché al suo interno non sono previsti contro bilanciamenti sociali, solo guarentigie di diritti individuali. Il clima che è l’altra colonna è proprio nemico dei diritti ed i bisogni della classe meno abbiente; ne teorizza l’impoverimento a vantaggio dell’ecologia e di altri continenti. Per i socialdemocratici crescita e benessere della classe meno abbiente, nella libertà, sono i must, senza i quali cessa il motivo di esistere. Tutto dovrebbe essere visto alla luce di questo principio necessario e sufficiente. Tutto il resto, l’anticapitalismo di principio, la tradizione, la collocazione, le diatribe intellettuali non hanno più senso se i socialisti vogliono vivere, non sopravvivere. Cosa che a fianco del Pd, come si è venuto formando, non sarà mai possibile.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.