Corridoi e opere al neon dimostrano la grandezza dell’artista statunitense, inimitabile nel coniugare concetto e materialità. All’HangarBicocca di Milano, un’infilata di capolavori. Un po’ affollata ma da non perdere.
“Incarnare un contenuto” è la condizione necessaria e sufficiente individuata da Arthur Danto, nella sua ormai celebre teoria, perché un manufatto sia considerato opera d’arte. Il fatto che la poetica di Bruce Nauman (Fort Wayne, 1941) corrisponda precisamente a questa definizione è uno dei motivi per i quali la sua arte può essere considerata paradigmatica.
La sua grandezza sta proprio nel coniugare in maniera incontestabile, forse più di ogni altro artista contemporaneo, la dimensione del concetto e quella della materialità, nel dare all’idea caratteristiche concrete ed esperibili. La monografica che gli dedica il Pirelli HangarBicocca, incentrata sui Corridoi e sui lavori al neon, dimostra queste caratteristiche e indica anche come la sua arte sia un vero e proprio trattato pratico di filosofia, più efficace e convincente di qualsiasi introduzione teorica.
LA MOSTRA DI NAUMAN A MILANO
Infilandosi negli spazi angusti da lui creati (corridoi, stanze dalla forma irregolare e tendenziosamente insidiose, telecamere e monitor che non dialogano alla perfezione), si sperimentano i confini tra sé e mondo; si constata sulla propria pelle come i nomi non corrispondano esattamente alle cose; si tocca con mano (e con tutto il corpo) la resistenza ultima dell’opera d’arte anche e soprattutto quando questa si presenta come “opera aperta”.
Il visitatore non è padrone, in una mostra come quella dell’Hangar, ma infiltrato, cavia, invitato speciale che però deve dar prova di elasticità (innanzitutto mentale) per essere ammesso alla festa linguistica che vi si svolge.
Percezione e oggetto si dissociano a scopo di esercizio ed esperimento, per poi eventualmente coniugarsi tramite il corpo del visitatore, ma sempre in forma rivedibile e momentanea. Teorie paradigmatiche in campo artistico come quella di Wittgenstein, per citare solo un nome, vengono messe in atto.
Certo, la gran quantità di Corridoi proposti uno dopo l’altro, in un allestimento senza soluzione di continuità, depotenzia in parte l’effetto. E il visitatore del 2022 è certamente più smaliziato rispetto a quello dell’epoca in cui Nauman inizio a creare opere tanto spaesanti.
Ma anche questi difetti/aporie non neutralizzano i Corridoi, e va detto che una tale compresenza di opere dall’importanza fondamentale è difficilmente ripetibile. Altri aspetti fondamentali della poetica di Nauman sono poi contemplati: quello delle permutazioni linguistiche nelle opere al neon (anche qui, l’allestimento li marginalizza ma sono comunque presenti i suoi maggiori capolavori in questo ambito) e quello della scatologia e del grottesco, nelle stesse opere al neon e nell’installazione video che chiude il percorso.
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