Il caso di Antonio Panzeri…uno strano parallelismo con la storia del Pci

Attualità

Vi è un filo rosso che accomuna la vicenda del post-comunista Panzeri e la storia del Partito comunista italiano. Nell’un caso e nell’altro accade che si accettino finanziamenti da Paesi autoritari in cui vengono negati i più elementari diritti umani, per esaltarne, appena possibile, le virtù democratiche. Nell’attesa di ulteriori sviluppi sul Qatargate vale la pena di ricordare gli stretti rapporti finanziari intercorsi tra Mosca e Botteghe Oscure. Come documentato da Vladimir Bukovskij in Gli archivi segreti di Mosca – oltre il 50% del fondo speciale previsto annualmente dal Politburo del Pcus per i partiti comunisti occidentali finiva nella cassaforte del Pci. Nei primi anni ’50 la cifra annua si muove intorno ai 400-500 mila dollari, ma già agli inizi dei ’60 si giunge a tre milioni di dollari, per attestarsi nel 1972 a 5,2 milioni all’anno. Lo storico Victor Zaslavsky scrive – in Lo stalinismo e la sinistra italiana – che «nel periodo compreso fra il 1973e il 1979 la somma che l’URSS trasferisce al partito italiano ammonta a 32-33 milioni di dollari».

Ebbene, in quello stesso periodo, precisamente nel 1975, nella relazione tenuta al XIV congresso nazionale Enrico Berlinguer esalta non solo i risultati economici raggiunti dall’Unione Sovietica rispetto al mondo capitalistico, ma si spinge oltre fino ad affermare che «è universalmente riconosciuto che in quei Paesi esiste un clima morale superiore, mentre le società occidentali sono sempre più colpite da un decadimento di idealità e di valori etici con ampi processi di corruzione». Tanto per rinfrescare la memoria, in quegli anni funzionavano a pieno regime sia i lager siberiani che gli ospedali psichiatrici. In questi ultimi, subivano un “trattamento speciale” gli intellettuali in dissenso con il regime come accadde allo stesso Bukovskij. I finanziamenti moscoviti, come è stato documentato, vanno ben oltre gli anni ’70. (Fonte Libero)

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