Nel rinnovato allarme per un’ulteriore possibile ondata pandemica c’è una costante col passato: Attilio Fontana e la Lombardia, ancora una volta, hanno capito e si sono mossi prima di tutti gli altri. Financo del governo. La Regione locomotiva d’Italia, martoriata dal Covid, lo ha fatto il 27 dicembre scorso quando, con l’assessore Guido Bertolaso, ha ripristinato le postazioni per fare i tamponi ai passeggeri dei voli in arrivo dalla Cina. Una misura non obbligatoria – le regioni non possono prevederlo – che però è servita ad informare il ministro Schillaci del fatto che circa la metà dei passeggeri in arrivo dal Paese asiatico erano positivi. E non solo, perché grazie ai campionamenti si è potuto stabilire che, almeno fino ad ora, i positivi erano stati infettati da varianti di Omicron già conosciute.
LA DIFFERENZA – Rispetto al passato, però, una differenza c’è stata: il ministro alla Salute e il governo ci hanno messo poco più di mezza giornata per rendersi conto della situazione ed estendere su tutta la penisola le decisioni- rafforzate però dall’obbligo di tampone prese il giorno prima dalla Lombardia. Una differenza, come è facilmente intuibile, non da poco rispetto al recente passato, quando agli allarmi delle regioni- non solo della Lombardia – il governo Conte bis rispondeva con sfottò e alzate di spalle, perdendo tempo prezioso in un’inutile e dannosa contrapposizione coi governatori, costretti ad attendere per giornate intere provvedimenti urgentissimi. È successo, lo ricorderete, quando Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino chiesero di isolare i passeggeri in arrivo dalla Cina.
CAMPAGNA DENIGRATORIA – Era inizio febbraio del 2021, da lì a meno di un mese si sarebbe scatenato l’inferno, ma governo e sinistra erano più attenti a bollare come «razzisti» i governatori della Lega. Per non tacere della campagna denigratoria contro Attilio Fontana, che la sera del 26 febbraio 2021 – dopo che una sua collaboratrice stretta era risultata positiva al Covid – fu il primo in Italia a girare un video nel quale indossava una mascherina e invitava i lombardi a fare altrettanto. Anche in quell’occasione le accuse si sprecarono. Fontana venne accusato di «terrorismo mediatico e psicologico» e quel video bollato come «irresponsabile» e «inutile». Tutti sappiamo come è andata a finire con le mascherine… Quello che molti non ricordano è che il giorno seguente Beppe Sala pubblicava il video “Milano non si ferma” e Zingaretti organizzava sui Navigli un bel aperitivo di gruppo al grido di «abbracciamo un cinese». Anche in questo caso sappiamo come è andata a finire.
ALTRO CHE NON VAX – L’intuizione di Fontana e della Lombardia, permette anche un altro paio di brevi riflessioni. La prima: mentre Moratti e Majorino– i competitors del leghista alle regionali di febbraio – cianciano di sistema sanitario che non funziona, ancora una volta l’apparato lombardo ha risposto alla grande e, lo ribadiamo, prima di tutti gli altri. La seconda: negli ultimi giorni si è scatenata l’ennesima bufera sulle presunte simpatie “no vax” dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Bene questo governo presunto “negazionista”, non solo come abbiamo appena raccontato ha approvato immediatamente il controllo stretto sui passeggeri in arrivo dalla Cina, ma nel giro di 72 ore ha stilato un protocollo molto preciso su cosa fare in caso di recrudescenza del Covid, che prevede il ritorno all’uso delle mascherine al chiuso, dello smart working massiccio e, udite udite, della quinta dose di vaccino per anziani e fragili. L’esecutivo ha fatto anche di più, stabilendo chi e come dovrà dare attuazione alle disposizioni contenute nella circolare…
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