Un’icona degli anni ’80 tutta milanese: i paninari

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A tutti è sicuramente capitato di entrare in un negozio vintage e imbattersi in Piumini Moncler o Timberland vissute o stivali Durango, ma ci si è mai chiesti di quale moda hanno fatto parte?! Qualcuno si starà anche domandando perché i venditori di chioschetti ambulanti indossassero piumini sgargianti o calzature texane, ma nulla è ciò che sembra. Non si sta parlando degli ambulanti e tutto il resto ce lo spiega Gianluca Mura, meglio conosciuto come Lone Wolf.

La miglior risposta è la prima strofa della canzone L’ultimo dei Paninari di Ando Bass: “Sono un paninaro vengo da un’altra era. Quando non c’era facebook e l’amicizia era sincera. Eravamo razza urbana, una sorta di eroi, con le cinture El Charro sembravamo cowboy […]”.

Niente salamelle e hot dog (al massimo hamburger). Si tratta di una (sub)cultura giovanile nata nel 1980 a Milano e diffusasi poi in tutta Italia. Una moda autoctona, che volgendo uno sguardo al mondo dei Mods&Rockers e un altro a quello texano, ha fatto tendenza tra i ragazzi di scuole medie e superiori. In relazione alla ripresa economica di quegli anni, il “movimento” paninaro rifiuta gli aspetti angoscianti dell’esistenza e cerca di godersi la vita, con spensieratezza artefatta. L’habitus diviene animus e l’immagine si fa stendardo cangiante di un modo di vivere e pensare, all’insegna del consumismo, della vanità e del gusto per gli eccessi. D’obbligo la griffe e la sua autenticità per distinguersi: “il tarocco è anti-panozzo”.

Enzo Braschi il “paninaro” di Drive Inn

Partiamo dall’origine del nome. Niente a che vedere con l’apertura del Burghy nel 1981, in Piazza San Babila (successiva mecca del fenomeno). È “Al Panino” di Piazza Liberty che si vedono i primi raduni di quei giovani abbronzati. Si dice che un giornalista del Corriere della Sera li battezzò in tal modo, prendendo spunto dal loro food preferito.

Un rigido codice modaiolo e un costoso guardaroba. I must have per la stagione invernale sono: cintura El Charro; bomber Moncler tra cui i primi verdi-oliva provenienti dalle basi militari di Livorno; giubbotti Levi’s col pelo; felpe Best Company; calzature Timberland; stivali Durango; jeans Levi’s (sopra le caviglie per mostrare le calze Burlington) e così via, verso l’ottimismo dei colori accesi e l’esagerazione degli accostamenti. Per la versione estiva: polo Lacoste; t-shirt Mistral; Converse All Star, Vans (senza lacci) o Nike Baffo Azzurro da Ritorno al futuro. Tra gli accessori: orologi Swatch; gli immancabili zaini Invicta; Ray Ban alla Top Gun e profumo Drakkar Noir. Una moda abbastanza unisex che per le donne aggiunge un fiocco Naj Oleari tra i capelli cotonati, toppe, borsa bauletto e profumo Chanel.

Con l’affermarsi della moda, la nascita di gruppi e comitive. A ognuno la propria “base” con bar “Cattivello” e territorio di quartiere, ma senza oltrepassare la zona di confine delle Colonne di San Lorenzo. Vige una rigida gerarchia, il Gino di legno è il novellino, poi si diventa Gino, in seguito Missile e infine Paninaro semplice. Il capo è il ragazzo più disinvolto (e danaroso) ovvero il Gallo, questo può diventare Gran Gallo e raggiungere il top come Gran Gallo di Dio. Anche le ragazze sono “compagne galliche”, per loro vige lo stesso ordine e sono chiamate Preppy. La vita del Paninaro è la compagnia ed essendo un ribelle per definizione, come tutte le altre subculture, ha un rapporto conflittuale con il genitore. Quest’ultimo viene definito sapiens mentre arterio o matusa indica l’età matura.

(MILANO CITTA’ STATO)

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