I dati Istat: ora gli italiani tagliano il cibo, meno 6,3 per cento la spesa alimentare

Attualità Società

AI numeri sulle vendite al dettaglio di novembre sono preoccupanti. Inflazione in doppia cifra, mutui cari e tassi dei Bot competitivi con gli investimenti in Borsa. L’attuale situazione economica italiana assomiglia molta a quella di fine anni ’70-inizio anni ’80 ma con una differenza sostanziale: quarant’anni fa la congiuntura stava per volgere verso il bello, oggi invece ci troviamo nel mezzo di una terra di nessuno sospesi tra recessione e stagnazione. A suscitare ulteriore preoccupazione sono stati i dati sulle vendite al dettaglio di novembre, diffusi ieri dall’Istat, Rispetto al mese precedente le vendite sono leggermente aumentate sia in valore sia in volume (rispettivamente +0,8% e +0,4%) ma a livello tendenziale, a fronte di un incremento del 4,4% in valore c’è stato tuttavia un calo dei volumi pari a1 3,6%. Un dato negativo, quest’ultimo, causato soprattutto dal crollo del 6,3% degli acquisti di alimentari.

Secondo i consumatori dell’Unc, il rialzo delle vendite è solo un effetto ottico e gli italiani sono «a dieta forzata». I calcoli del Codacons mostrano che, al netto del carovita, a novembre le vendite al dettaglio sono diminuite in volume del 3,6%, equivalente ad una minore spesa pari a 1.053 euro annui a famiglia,-27,1miliardi di euro considerata la totalità delle famiglie residenti in Italia. Per le associazioni dei consumatori è «una situazione pericolosissima destinata a peggiorare nelle prossime settimane, quando sui prezzi al dettaglio si faranno sentire gli effetti del caro-benzina e il rialzo delle accise sui carburanti». Una valutazione condivisa dal presidente di Confimprese, Mario Resca, secondo cui «l’erosione generata dalla crescita dei prezzi sul potere d’acquisto e un segnale da tenere in seria considerazione per i prossimi mesi>, mentre l’Ufficio studi di Confcommercio ha messo in evidenza «come le perdite di reddito e l’erosione del risparmio accumulato generate dall’inflazione costringano le famiglie a comportamenti selettivi nei confronti dei consumi», Secondo Piazza Belli, forse «la recessione mite potrebbe essere evitata, non il forte rallentamento dell’attività economica>.

Una circostanza confermata pure dalla Banca d’Italia che ha rilevato come il tasso media sui mutui che, a novembre scorso, abbia raggiunto il 3,55%, comprensivo di spese (Taeg) dal 3,23% del mese precedente, i massimi dal2014. Un livello peraltro già superato vista l’aumento deciso dalla Bee a dicembre. Sul mercato infatti le offerte degli istituti di credito in questi giorni viaggiano al di sopra, attorno al 3,7-3,8% anche perché Francoforte ha pubblicamente annunciato che proseguirà sulla strada degli aumenti de tassi. Il mercato immobiliare in Italia, segnalano gli operatori, regge ancora ma il combinato disposto tra inflazione e stretta monetaria potrebbe determinare un ‘involuzione. Su quest’ ultimo punto un segnale arriva dal nuovo calo dei depositi. Secondo le tabelle della Banca d’Italia sono scesi a novembre della 0,3% (dopa il -0,2% di ottobre) a fronte di un rallentamento della crescita dei finanziamenti. Quelli alle famiglie sono aumentati del 3,8% sui dodici mesi (4% nel mese precedente) e quelli alle società non finanziarie del 2,8% (3,1%). Insomma, sono le classiche situazioni che precedono i periodi di crisi: frenata della domanda di moneta unita a una maggiore prudenza nella concessione dei prestiti (le sofferenze sono stabili). Una notizia positiva? Ieri il Tesoro ha collocato 7 miliardi di Bot a un anno al 3,086% (2,669% nella precedente asta), un rendimento ai massimi da metà 2012. Non proprio l’anno più fortunato del nostro Paese. (Il Giorno)

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