A Bergamo va in scena una giustizia da terzo mondo

Attualità

Mi dicono che “terzo mondo” sia un termine politicamente scorretto. Ma processare il potere esecutivo mettendone le chat in vetrina è una cosa che l’Occidente non ha mai conosciuto. E che nemmeno il blocco comunista faceva. Si procedeva in maniera più sbrigativa. Mi sembra, invece, il tipico modo di procedere delle democrazie non allineate. Una cosa che abbiamo visto in Brasile con Lula, per capirci. Per cui reitero: il processo di Bergamo è una roba da terzo mondo. L’assurda pretesa che il potere giudiziario non conosca limiti, garanzie e non debba rispondere a nessuno se non a se stesso e a Dio. Che, come Davigo suggerisce, per alcune toghe coincidono.

Oggi, su Repubblica, possiamo leggere alcune delle più gustose chat sulla pandemia. Dove, incredibile dictu, si scopre che di fronte alla prima pandemia del millennio la gente è spiazzata. E grazie al C. Dove C sta per Covid, per venire incontro alle esigenze di continenza verbale del giornale. Dove addirittura non si sa cosa fare. E grazie di nuovo al C. Ma fin qua è ancora vagamente accettabile la cosa. Dove diventa Kafkiana è la lapidaria opinione del Deputato Crisanti, teste sicuramente imparziale, il quale ci delizia con un ragionamento, riportato sempre da Repubblica, che qui citiamo: costi sociali, economici e politici “hanno prevalso sull’esigenza di proteggere operatori del sistema sanitario e cittadini”.

Dobbiamo qui dire una cosa davvero molto dura: fare queste scelte è il compito primario della politica. Che viene giudicata non nei tribunali, ma nelle urne. E le urne il verdetto l’hanno già dato. Questo processo rischia di diventare, se qualcuno non farà al più presto qualcosa, eversivo. Perché se non accettiamo che nell’emergenza la scelta tra interesse sociale e protezione della sicurezza e della salute dei singoli a decidere è il Governo, possiamo pure chiudere tutto. Ma ve la immaginate la scena di un incendio in una raffineria dove il referente della Protezione Civile deve rispondere dell’ordine dato ai vigili del fuoco di spegnere l’incendio a ogni costo? O il ministro della difesa che deve rispondere di ogni soldato morto in guerra? O il ministro della sanità che deve rispondere della morte di un paziente con una malattia rarissima e le cui cure avrebbero un costo spropositato?

Il Potere Esecutivo, in ogni paese, ha delle guarentigie. È un termine antico, perché antica è l’esigenza di proteggere il decisore dalla giustizia e dalla vendetta. Trump non verrà mai indagato per la gestione Covid. Johnson nemmeno. Per suprema ironia Bolsonaro probabilmente sì. Noi, che pure abbiamo avuto i lockdown più duri al mondo, dopo la Cina, vediamo indagati i vertici del Governo (e con parossismo folle, pure della Regione) per aver tardato di dieci giorni l’istituzione di una zona rossa. Zona rossa che, e la Cina ce lo insegna, forse salva delle vite, ma distrugge intere comunità.

Cosa prevale? Non lo decide il giudice a posteriori. Non DEVE deciderlo il giudice a posteriori. Non deve nemmeno poterlo indagare, il giudice a posteriori. Non gli compete, non è affar suo. Non lo riguarda. Ci sono le commissioni di inchiesta parlamentari per quello. Ovvero la politica che processa se stessa. Da noi, no. Da noi dobbiamo poter leggere le chat dei politici spaventati che sanno, hanno la CERTEZZA che qualsiasi scelta sarà condannata. Non dimentichiamo, infatti, che se non si fosse verificato alcun disastro (esatto, anche a seguito delle misure), la politica avrebbe ugualmente rischiato di finire sul banco degli imputati. Nei messaggi traspare la certezza che si verrà comunque giudicati. E tutti appaiono troppo impegnati a preparare la propria difesa successiva per risolvere il problema.

E avevano tutti, tragicamente, ragione. A Bergamo sono morti in moltissimi, è vero. Ma uccidere la capacità di governare questo paese non li riporterà in vita. Garantirà solo che la prossima volte le cose vadano precisamente come sono andate nel 2020: la fuga da ogni responsabilità come vocazione di ogni burocrate.

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