piazza duomo

La sensualità di Milano

Milano

Milano e il fascino di una sensualità nascosta, da scoprire nella luce ocra dell’autunno, nel grigio della nebbia, nel livore dell’inverno, nel sorriso della primavera, nei lampi di colore dell’estate. La luce in quel cielo “così bello, quando è bello” che dialoga, che si impenna, che si spezza nei vicoli d’ombra, che si dilata nei parchi, che traspare tra le case, che s’imbroncia sui grattacieli, che si perde nell’abbandono della sera.

Quella luce che è di Milano e non potrebbe essere di un’altra città. Che sa ammiccare sorniona, che invita alla tenerezza nelle lunghe ore del tramonto, che si concede apertamente nelle serate d’estate, che fa promesse baciando le prime glicini in primavera. Mai sfacciata, mai imperativa, mai invadente. Una luce attraversata dal tempo, una luce educata, una luce che avvolge con la magia dei mezzi toni, quasi fosse filtrata dalle buone maniere, dall’ironia. Una luce che invita a scoprire le cose, che indica il fuoco nascosto, che trasfigura la sua sensualità.

E Milano appare nella sua bellezza di donna austera, ma piena di grazia, un po’ bastarda e un po’ bon ton, spregiudicata e tradizionale, contraddittoria e accogliente. Milano e il fascino di una verità da ricercare, da perseguire, nell’evoluzione di una città aperta all’innovazione,  ma che sa mantenere la profondità della sua anima. Perché ancora, nonostante l’occupazione indiscriminata di “ospiti” venuti da molto lontano, la veggia Milan conserva la sua magia.

“Gh’è ‘sta Milan colossal,

“Grand Hotel, grattaciel, la Metropolitana,

Supermercaa, gran via vai, autobus e tramvai e la gent a fiumana,

Ma in de ‘sto gran polpetton,

a sè salvaa amò on canton,

L’è ch’el fettin de città,

che la gent milanes a ghè pias ritroà,

Sotto brascett per la veggia Milan,

in doe tutti i casett gh’an al massim  tri pian,

Piccol finester coi bei vas de fior

ornaa de tendin coi disegni a  color.

Vegg costruzion senza celebrità

che senten de nott el navili parlà,

ai milanes el ghe manda on appel

fee no sparì ‘sto canton insci bell.” (Nino Rossi)

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