Una completa retrospettiva che indaga l’anima dell’artista nata a Matsumoto, in Giappone. Il museo Guggenheim di Bilbao ospita “Yayoi Kusama: 1945 to Now”, fino all’8 ottobre 2023.
Tracciare il percorso di un’artista tremendamente nomade è assai arduo e impossibile è collocarlo in un movimento specifico. Il suo dono verso noi tuttiè aver dimostrato un attaccamento granitico all’arte, in momenti estremamente fragili.La mostra “Yayoi Kusama: 1945 to Now” mette al centro il rapporto vita-arte che ha scandito la sua esistenza, offrendo uno sguardo consapevole di cosa realmente ha significato essere Yayoi Kusama.
Il progetto, già esposto presso il museo di cultura visiva contemporanea M+ di Hong Kong, è stato curato da due illustri voci del mondo di Kusama: Doryun Chung e Mika Yoshitake, con la collaborazione di Lucía Agirre, curatore del Guggenheim.
Il progetto curatoriale ha vissuto un periodo di circa quattro anni di lavorazione, studiando attentamente ogni dettaglio, dai lavori giovanili alle ultime creazioni. Yayoi Kusama, che da pochi mesi ha compiuto 94 anni, richiede in ogni esposizione la presenza fissa di almeno un’opera inedita, a testimonianza di come il sole che illumina il suo sentiero creativo non tramonterà mai.
“Il nostro lavoro ha preso in considerazione l’impatto filosofico della pratica di Kusama nella nostra epoca, in termini di consapevolezza, vita, mortalità, di una forma di guarigione”. (Mika Yoshitake. The transmigration of a soul: the eternal return of Yayoi Kusama. Yayoi Kusama: 1945 to Now. Catalogue Edited by Doryun Chung and Mika Yoshitake © 2022 Thames & Hudson Ltd, London)
L’attenta retrospettiva del Museo Guggenheim riflette sulla sua carriera artistica segnata da emozioni contrastanti, volgendo lo sguardo alla sua ossessività, alle ripetizioni, ai drammi, esprimendole in sei temi: Infinito, Accumulazione, Connettività radicale, Biocosmo, Morte, Forza della vita.
Una puntuale riflessione che il museo spagnolo ha pensato e costruito intercetta il subconscio dello spettatore, come lo fu per Kusama. Un’artista poliedrica e politica, che ha assorbito il dolore del mondo, lo ha fatto suo e ce l’ha prontamente restituito all’interno delle sue opere.
Il rapporto con la campagna, luogo d’infanzia, raccontato con i Pumpkins (le apprezzatissime zucche), passando per Infinity Net (1959), rappresentazione del suo sguardo stupito nell’osservare le correnti oceaniche dell’Oceano Pacifico durante un viaggio aereo Giappone-Seattle nel 1957. O in Atomic Bomb (1954), sua visione del lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki del 1945.
Un’arte capace di trovare il suo stile in più mondi, cinema e moda su tutti. Libera e istintiva, anticipatoria anche di un modo di vestire stravagante, Self-Obliteration (1966-74), che le case di moda sperimenteranno nel giro di poco. La grandezza di Kusama si coglie nella meticolosità del percorso espositivo del Museo di Bilbao.
Senza cadere nella superficialità, l’allestimento propone una narrazione di argomenti come la depressione e la morte – doppia scomparsa del fratello e del padre nei primi del ’70e permanenza nell’istituto psichiatrico dal 1977 -dimostrando con quanta arguzia l’artista sia stata in grado di capire ed abbracciare concetti ostici.
“Yayoi Kusama: 1945 to Now” pone l’accento sulla sua complessità. Yayoi Kusama sarà sempre una forza della vita. L’aver tratto speranza e giovamento da un lungo e interminabile buio, l’ha resa una donna da stimare e un’artista tanto delicata quanto brutale, da esaminare in ogni piccolo suo intervento.
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