Lo spot di Esselunga è contro il divorzio? No. I genitori hanno il diritto di decidere della loro vita, ma devono tener conto della responsabilità che hanno verso i figli per i quali la separazione dei genitori è comunque un trauma. Il commento di Cazzola.
A seguire le critiche rivolte allo spot di Esselunga viene voglia di correre in libreria ad acquistare il libello del gen. Roberto Vannacci, perché non se ne può più di una versione “politicamente corretta”, secondo la quale mostrare un legame (peraltro in crisi) tra un uomo e una donna viene considerato un messaggio subliminale a favore di una concezione dei rapporti personali che discrimina quegli essere umani che una volta – purtroppo – erano considerati “diversi”, mentre oggi sono divenuti “più uguali degli altri”.
L’aspetto che gli ayatollah dei “nuovi diritti civili” non sopportano in quello spot è il personaggio della bambina (veramente brava) che appare triste per la separazione dei genitori come se nella realtà non fosse così, come se una bambina di quell’età si divertisse a divenire oggetto di contesa tra i genitori o dovesse organizzare la sua vita in due ambienti familiari diversi.
È uno spot contro il divorzio? No. I genitori hanno il diritto di decidere della loro vita, ma devono tener conto della responsabilità che hanno verso i figli per i quali la separazione dei genitori è comunque un trauma. Noi adulti sorvoliamo sui problemi degli altri, anche se sono nostri figli, per egoismo, e ci auto convinciamo che va bene così; che i ragazzi crescono felici con due madri o due padri o se sono stati acquistati al mercato degli uteri in affitto.
Allo stesso modo è sempre più intollerabile l’ostilità con cui vengono accolti – come se venissero direttamente dalla Inquisizione spagnola – i rappresentanti delle Associazioni pro vita. In una recente trasmissione televisiva un manifesto in cui era visibile il ritratto di una famiglia naturale è stato accusato in diretta di violenza. Siamo sempre lì: mostrare l’immagine di un bambino diventa per riflesso pavloviano un gesto polemico nei confronti dell’aborto, il diritto – che senza essere riconosciuto come tale in nessuna legge – è divenuto l’usbergo della libertà della donna. La legge n.194/1978 riconosce il diritto ad una maternità responsabile, consentendo alla donna di abortire in modo sicuro per la sua salute (onde evitare, si disse a suo tempo, un male peggiore ricorrendo, come era accaduto in tutti i tempi, a mammane e fattucchiere le cui pratiche mettevano a rischio l’integrità e la vita stessa della donna). Ma non è una violazione di quella legge assistere una donna in difficoltà a partorire e a tenere il bambino nel suo stesso interesse perché la decisione di ricorrere all’IVG è comunque un trauma, anche alla luce di nuove tecnologie riproduttive che consentono ampie possibilità di selezione eugenetica, a scapito spesso dei diritti dei “diversamente abili”, il più importante dei quali è il diritto di nascere.
Trovo insopportabile che, se nello spot, a suonare fosse un’altra donna e se la prima dicesse alla bambina “cara è arrivata l’altra mamma”, la sinistra giudicherebbe molto educativi quei minuti di pubblicità, mentre una certa destra (che oggi si compiace con l’Esselunga) griderebbe allo scandalo. Diversi però sarebbero i commenti: la destra verrebbe accusata di essere la solita reazionaria e codina, legata ad un’idea della famiglia che nella vita individuale mettono in discussione: è capitato anche questo nei talk show, come se uno che ha divorziato non potesse più considerare “normale” la famiglia naturale. La sinistra, invece, marcerebbe in avanti con la storia e con la licenza di stupirsi di come certi (dis)valori non siano ancora di dominio comune. Adelante Pedro!
Poi non meravigliamoci se il libello di Vannacci va in testa alle classifiche. Peraltro anche il generale/letterato vive una singolare situazione: non gli si rimproverano i suoi comportamenti, ma le sue idee. Un generale – a mio avviso – non può scrivere e pubblicare un libro come Il mondo al contrario. Ma anche ammettendo una concezione tanto ampia della libertà d’opinione per un militare (cosa molto dubbia), è sicuro che non gli sarebbe consentito passare da una televisione ad un’altra propagandando le sue tesi con l’ostinazione di un testimone di Geova. È questa la linea di condotta impropria che non gli dovrebbe essere permessa.
Ma Vannacci ha capito il gioco: è divenuto un caso politico che fa comodo, in termini simmetricamente opposti, sia alla destra che alla sinistra, ambedue disposte a tollerare che un generale in servizio se ne vada in giro come un mercante in fiera, a rappresentare da un lato il prototipo del bravo maschio italiano, dall’altro l’emblema della reazione in agguato.
Tutto ciò premesso, complimenti all’Esselunga. Magari la prossima volta potrebbe fare qualche aggiustamento dello spot più in linea con i tempi: mostrare per esempio che la mamma vive con un’altra donna o che il padre è visibilmente gay o persino transessuale. (Start Magazine)
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