Quando al liceo si trattò di decidere a quale corso di laurea iscriversi, la scuola organizzò una serie di incontri per illustrare le possibili scelte. A parlare di Urbanistica venne Bernardo Secchi, molto disponibile davvero. E dopo le delusioni delle presentazioni di Architettura (troppa fuffa) e di Ingegneria (troppo legnosa), ecco finalmente qualcosa di avvincente!
Secchi descriveva bene il lavoro degli urbanisti, i ruoli diversi ma intrecciati di tecnici e politici, la capacità di far interagire analisi articolate e innovative con azioni efficaci, di prevenire i problemi prima che si presentassero come emergenza, fino a quella di prefigurare gli avvenimenti, come aveva fatto per dire Cattaneo con la sua lettura delle caratteristiche del territorio lombardo e delle relazioni da instaurarsi fra finanza, cultura e impresa, visione che in qualche modo aveva generato la trasformazione economica della città.
Mi è venuto in mente questo episodio del passato assistendo nei giorni scorsi al cosiddetto Forum sulla Rigenerazione Urbana di Milano.
Dunque, se non c’erano le studentesse che mettevano le tende in piazza per protestare sul caro-alloggi, manco se ne sarebbero accorti del problema (cosa che peraltro è ben presente a chiunque abbia un figlio o una figlia in età di cercare casa, o abbia un amico con un figlio/a in quell’età). Ma va be’, andiamo avanti. Per esaminare la questione, vengono presentate slides di un centro studi secondo cui se si ha uno stipendio di 1.500€ al mese e se ne spendono 700 per l’affitto (quando va bene), restano pochi soldi per il resto.
Ma davvero? Giusto rilevarlo per carità, ma anche mia zia sarebbe stato in grado di fare un ragionamento del genere. Ragionamento che magari sarebbe stato meglio fare dieci o quindici anni fa, ai tempi del primo PGT, peccato non averci pensato prima.
Per fortuna c’è una studentessa, neanche iscritta ad Architettura o Urbanistica peraltro, che fa gentilmente notare che prevedere politiche per mantenere in città la sola classe media (come è scritto fra gli obiettivi del prossimo PGT) suona vagamente classista, soprattutto da parte di un’amministrazione perlomeno in teoria progressista e di sinistra (i poveri che faranno?). Chissà quali analisi complicate ci saranno dietro questa valutazione! Ma già, è vero, le analisi al nostro sindaco non piacciono, fanno perdere tempo. E non gli piacciono neanche quelli che criticano, lo fanno per mestiere, quindi l’unica è ignorarli e basta – ipse dixit (meno male che ci sono le studentesse).
Fra gli obiettivi poi di PGT (i “dieci punti”) oltre a tante cose ragionevoli per carità, tipo fare più verde e più case sociali (ma sarebbe stato strano il contrario), compare anche quello, sicuramente molto sentito dai cittadini, di diffondere i cosiddetti “studi d’area”, qualcosa cioè giusto di interesse per chi li compila. In compenso, nessuna parola sui contributi esterni sul nuovo PGT che la legge dice di raccogliere (che proposte sono arrivate? Da parte di chi? Da respingere o da accogliere, e con quali motivazioni? Mistero).
In definitiva, è sembrata una kermesse dagli esiti già scontati, finalizzata giusto a generare consenso attorno a quanto già deciso, non certo ad ascoltare né tanto meno ad accogliere punti di vista differenti.
Mi chiedo cosa avrebbe pensato Bernardo Secchi di un’iniziativa del genere. Forse un segno della fuffa che avanza. Ma ricordo anche l’ultima volta che l’ho visto, era alla Casa della Cultura a presentare il suo ultimo libro, “La città dei ricchi e la città dei poveri”. Da buon urbanista, aveva visto in anticipo cosa stava succedendo. E non mi piace per niente, aveva aggiunto.
L’Osservatore Disincantato (da Arcipelago Milano)
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