Quale è la caratteristica più importante in un dentifricio? E quale è il modo più corretto di usarlo?
Con una battuta spesso rispondo l’economicità.
Battuta a parte effettivamente il dentifricio è la cosa meno importante per i denti. Si potrebbe persino farne a meno e la salute della bocca non ne risentirebbe.
Se non contiene fluoro, la sua funzione principale è quella di deodorare l’alito: si equivalgono tutti e allora tanto vale scegliere il più economico.
Se ci si prende la briga di scorrere la lista degli ingredienti di una pasta dentifricia si fatica a capire: è una sfilza di nomi misteriosi, molti dei quali in latino, poco comprensibili.
I più smaliziati potrebbero notare che alcuni dei componenti sono presenti anche negli shampoo (è questo la dice lunga sull’utilità che possono avere per la salute dei denti…). In realtà, la base è uguale per tutti i dentifrici: contengono acqua, dolcificanti, aromi e qualche conservante per impedire che i batteri possano contaminare la pasta.
Poi ci sono le cosidette “sostanze funzionali”, ingredienti che servono a differenziarne l’azione: la più diffusa è il fluoro, appunto, un minerale che difende lo smalto dall’attacco degli acidi.
Ad eccezione di questo, che sia in gel o in pasta, liquido o più solido, serve soltanto a completare l’opera di pulizia affidata allo spazzolino e al filo interdentale. Quindi quello che più conta, alla fine, è scegliere l’aroma che più piace.
Consiglio, comunque, di mettere sulle setole una piccola quantità di pasta (equivalente a un pisello). L’eccesso di schiuma non svolge alcun effetto benefico. Anzi, impedisce, di percepire e vedere ciò che si fa.
I dentifrici anticarie di solito contengono semplicemente ioni di fluoro, non altro: visto che il fluoro è presente in quasi tutti i dentifrici, allora quasi tutti sono anticarie, anche quelli che non strillano sulla confezione.
Quelli antiplacca contengono alcune sostanze antibatteriche. I più potenti sono quelli a base di clorexidina, un elemento che è indubbiamente in grado di ridurre la placca batterica. Macchiano, però, i denti e i restauri e vanno usati solo dietro prescrizione e guida del medico.
Infine ai dentifrici per denti sensibili si può riconoscere qualche validità: però bisogna chiarire subito che sono utili solo se si soffre di una sensibilità dentale lieve, davvero di modesta entità. In questi casi un dentifricio a base di particolari sali minerali (potassio o stronzio cloruro) usato tutti i giorni dovrebbe essere capace, a poco a poco, di chiudere i “micropori” sulla superficie della radice esposta, quei microscopici canali che collegano la polpa, cioè il “nervo”, con l’esterno.
E’ attraverso questi micropori che gli sbalzi di temperatura riescono a colpire l’interno del dente inducendo la sensibilità accentuata : “tappandoli” la situazione dovrebbe risolversi. Però è sempre meglio chiedere il parere del proprio dentista, prima di cominciare a usarli. Anche perché , va detto, il meccanismo dell’ipersensibilità non è ancora del tutto conosciuto. Quanto ai problemi delle gengive sensibili, esistono in commercio preparati, che il più delle volte, contengono delle sostanze di origine naturale, derivate da erbe o piante (come camomilla ed echinacea, ma anche altre). Possono dare una mano a risolvere il sintomo, perché aiutano a decongestionare le gengive e a dare sollievo: già questo è un grosso vantaggio. Ma non bisogna illudersi che siano curativi.
COSA SERVE COSA NO
Lo scovolino è “l’anello mancante” tra lo spazzolino e il filo interdentale, una specie di incrocio tra i due: serve solo a chi ha qualche problema specifico, ma non può sostituire il filo. E’ una punta spugnosa (a forma di cilindro: il dentista potrà consigliare quella più adatta alla specifica conformazione dei denti) che viene montata su un manico di plastica. Si infila negli spazi interdentali ampi (privi di papilla) sia dal lato esterno sia da quello interno, e permette di raggiungere facilmente i punti più critici.
Gli scovolini sono quindi nel caso di malattie delle gengive (parodontiti) e sono consigliati per pulire i ponti di protesi fisse. Io consiglio sempre di partire dalla misura più piccola che permette comunque di pulire la parte senza correre il rischio di lacerare la gengiva. Ma chiariamo: lo scovolino si aggiunge al filo. Non lo sostituisce.
Quanto ai collutori ultimamente sono diventati di moda, ma non bisogna commettere l’errore di credere che possano sostituire lo spazzolino e il filo. C’è chi pensa, invece, che uno sciacquo con un antibatterico basti e avanzi: la placca, però, può essere eliminata solo dal movimento meccanico, non da un po’ di liquido.
Non affermo che non possano far bene: ho precisato che non possono sostituire lo spazzolino e il filo.
E’ chiaro che i collutori al fluoro possono diminuire la carica batterica della placca e aiutare a prevenire la carie, ma, come già detto, è più che sufficiente il fluoro contenuto nei dentifrici. Insomma, se si vuole usare un collutorio per avere una sensazione di freschezza, può anche andare bene, a patto di non esagerare, ma se si pensa di ricorrere a un prodotto medicato ( come quelli a base di clorexidina) pensando di aumentare la propria igiene, meglio lasciar perdere: deve essere il dentista a dare il via libera, e lo darà solo se pensa di dover affrontare un problema particolare. E solo per un periodo di tempo limitato.
Gianfranco Aiello è stato docente di odontoiatria presso l’Università di Padova, svolge la sua attività professionale a Milano e Salerno.
Presiede l’attività di ricerca dell’Accademia di Estetica Dentale Italiana e dell’Istituto Odontoiatrico Italiano ed è stato consulente della Fondazione Veronesi.
Collabora con diverse testate giornalistiche ( Starbene, ecc.) e televisive.
Cura il sorriso di molte star dello spettacolo, dello sport, ma anche, gratuitamente, quello dei bambini bisognosi e segnalati da istituzioni umanitarie. www.istitutoodontoiatricoitaliano.it www.esteticadentale.it