Sgarbi alla Biennale di Milano: “Dove c’è arte non può esserci violenza”. Una riflessione sul ruolo educativo dell’arte

Cultura e spettacolo

Biennale Milano International Art Meeting è aperta dalle ore 10 alle 18.30 fino al 28 novembre, con ingresso libero, nella prestigiosa sede di Palazzo Stampa di Soncino, in Via Torino 61.   

Per volere del suo patron, Salvo Nugnes, l’edizione di quest’anno è interamente dedicata alle donne. Alla Biennale di Milano partecipano 287 artisti, di cui 50 stranieri, con un totale di 648 opere. Sono numeri di rilievo, che annoverano la presenza di artisti sia europei che provenienti da tutto il mondo, come Cina, Messico, Taiwan, Thailandia, vari paesi dell’Africa, Giappone, Stati Uniti.  Il fil rouge che lega le opere è l’interpretazione artistica dell’universo femminile in ogni sua declinazione attraverso varie forme espressive, dalla pittura alla poesia, dalla scultura alla fotografia.  Sabato 25 novembre, data in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, si è svolto un dibattito sul tema, al quale hanno preso parte Vittorio Sgarbi e Morgan“Sostengo da sempre – ha detto Sgarbi – che dove c’è arte e sensibilità non può esserci violenza. Serve educare alla poesia di Petrarca e Leopardi, alla pittura, ai testi con storie spirituali di grande bellezza, come quelle di Dante e Beatrice o Tristano e Isotta, più che alla sessualità. L’arte ti porta a sentire qualcosa di alto e a non essere violento”.  Prendiamo spunto da queste parole per ricordare che l’educazione estetica ha sempre avuto, nella storia della nostra civiltà, una funzione essenziale nella formazione dell’individuo e della collettività. Fino alle Avanguardie Storiche, nei primi due decenni del Novecento, l’arte guardava alla Bellezza e aspirava all’Eternità. Un’opera Bella è tale per sempre, anche se gli stili mutano a seconda delle epoche.

 “L’idea di Bellezza – scrive Stefano Zecchi nel Sillabario del Nuovo Millennio – era un punto di riferimento non solo per comprendere le cose dell’arte, ma anche per stabilire il valore dell’organizzazione sociale e il significato dell’azione individuale, per valutare i modelli della conoscenza e del giudizio”. In seguito, l’immagine del mondo incomincia ad essere sottratta alla verità della rappresentazione artistica e viene consegnata al sapere della scienza. Il potere della tecnologia, sempre più dominante, relega la bellezza alla soggettività e finisce per attribuirle un mero significato decorativo. Prevale un’idea di cultura e di educazione tecnica, pratica, funzionale. Nell’ultimo decennio, tuttavia, sono sempre più numerosi coloro che si impegnano a cercare, attraverso l’arte, una bellezza moderna. Sono sempre di più gli artisti che si allontanano dall’arte come provocazione e si dedicano alla ricerca di forme espressive in grado di emozionare per la loro bellezza e comunicare un senso, valori etici e di verità. Lentamente, si sta dunque facendo nuovamente strada, l’idea che l’arte, nell’era della tecnologia, debba recuperare il suo ruolo profetico di plasmatrice dell’immagine del mondo per salvaguardare l’integrità dell’essere umano, nella natura che gli è propria. 

Certo, oggi non vi è più, come nel passato, una visione unitaria in grado di portare ad uno stile comune, pur con tutte le sue varianti. Tuttavia, una parte dell’arte contemporanea si è rimessa sulle tracce della Bellezza come valore estetico che conduce al valore etico del Bene e al valore conoscitivo del Vero. È un cammino che procede in modo rapsodico, secondo l’estro di ciascun artista. Ad ogni modo, il segnale che giunge è forte e importante.  Se si procede nella direzione del riconoscimento dell’educazione estetica come fondamento della formazione dell’individuo e punto di riferimento per la società, è quindi chiaro che l’educazione sentimentale che ne segue dovrebbe avvenire – come ha affermato Sgarbi – nel confronto con i grandi classici della letteratura, della poesia e delle arti. È a questo tesoro, che oltretutto abbiamo a portata di mano, che la scuola e gli enti educativi dovrebbero attingere per la formazione delle giovani generazioni. Non vi è testo di psicologia né lezioni di sessualità che possano valere quanto gli insegnamenti dei classici delle varie epoche, i quali sanno raccontare l’animo umano meglio di chiunque altro e sono uno scrigno di valori preziosi dai quali ripartire con occhi rivolti al presente e al futuro.

Caterina Majocchi – Critico d’Arte e Counselor

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