Che brutta aria tira a Milano! Con la prima dichiarazione del sindaco “Milano è sotto attacco” si è scatenata la bagarre e con le sue successive dichiarazioni i suoi rapporti con la Giunta sono diventati roventi. L’ultima notizia che il consigliere Fedrighini lasci il suo gruppo, quello della lista Beppe Sala sindaco, per entrare nel gruppo misto dichiarando che comunque resta nella maggioranza, ha completato lo scenario.
Delle ragioni di Fedrighini parleremo più avanti.
La crisi attuale ha origini lontane ben prima delle due sindacature di Beppe Sala, quella in corso, se non succede nulla, ha ancora tra anni e mezzo di vita.
Sala è stato eletto il 21 giugno 2016 quando era in pieno vigore la legge 25 marzo 1993, n. 81 con la quale venne introdotta l’elezione diretta del sindaco e, correlativamente, la nomina dei componenti della Giunta da parte dello stesso, mentre in precedenza sia il sindaco sia la Giunta erano eletti dal Consiglio comunale.
Prima di proseguire vorrei lanciare un “messaggio ai naviganti”, tutti quelli che sostengono il “presidenzialismo” di Meloni e dei sui compagni della attuale maggioranza di Governo.
Quello che succede oggi a Milano è il boccone avvelenato del “presidenzialismo comunale”, frutto della citata Legge n. 81 1993, dunque una vetrina degli effetti perversi legati alla elezione diretta del capo di un esecutivo: uno squilibrio dei poteri che finisce per trasformarsi in cesarismo.
In breve a Milano tutti i poteri sono assegnati al Sindaco, questi nomina con delega gli assessori ai quali può revocare la delega quando e come vuole. Sino ad oggi solo il sindaco Pisapia nel marzo del 2013 “licenziò” Boeri perché era venuto a mancare il “rapporto di fiducia”. Formula ambigua che nasconde le vere ragioni.
Aggiungiamo per chiarezza due cose: i membri della Giunta devono essere nelle “grazie” del sindaco – ubbidienti – una subalternità chiaramente antidemocratica, per non parlare del Consiglio che ha solo veri poteri per quanto riguarda l’approvazione del bilancio e l’approvazione degli strumenti di governo dell’urbanistica.
Dunque il sindaco è “blindato” e c’è per lui un solo pericolo: il Consiglio può votare una mozione di sfiducia su un provvedimento suo o della Giunta e se la maggioranza vota contro il sindaco, lui si deve dimettere.
Sala questa eventualità l’ha temuta di fronte ad una mozione di sfiducia della minoranza nei confronti della assessora al verde Elena Grandi: col voto segreto qualche dissidente della maggioranza avrebbe potuto votare contro e lui sarebbe stato costretto a dimettersi. Questa volta non è andata così ma ci sono in vista altri scogli, a cominciare dalla questione Scali ferroviari.
Blindato o meno il sindaco per governare tranquillo deve avere un forte consenso popolare e questo Sala non lo ha: alle ultime elezioni è andato a votare il i 47,6% degli aventi diritto e si sono espressi a suo favore il 57,37 %. Il sostegno di un cittadino su quattro non è certo garanzia del potere di un sindaco.
I cittadini cosa pensano?
Sono stati certamente disorientati dalle dichiarazioni del Sindaco rispetto al problema dello Stadio Meazza: favorevole inizialmente ad accogliere le proposte di Inter e Milan e poi rassegnato a vedere la loro migrazione fuori Milano, poi esitando a dichiarare la sua posizione definitiva. L’opposizione di gruppi di cittadini e di esperti di urbanistica e di inquinamento atmosferico hanno reso palese in sostanza che il sindaco non è in grado di prendere decisioni senza rendere evidente di quali interessi voglia essere portatore. Dunque questa decisione porta con sé un rischio di popolarità o di impopolarità.
Nella situazione dello Stadio Meazza si trovano molte operazioni edilizie che comportano lo stesso tipo di rischio.
Le tecniche di marketing messe in campo dagli operatori sono diventate sofisticate e invasive, potendo contare su disponibilità economiche vastissime che hanno un effetto sempre maggiore per la pervasività dei social e della comunicazione via Internet e che sovrastano di gran lunga le opinioni dell’Amministrazione in realtà la prima vittima.
La Giunta milanese e il Sindaco riuscirebbero a mettere in atto una politica differente? La famosa proclamata tutela del bene pubblico può essere una prospettiva realistica? Nel passato non lo è stata e credo non lo sarà nel futuro.
Il futuro dovrebbe essere quello annunciato da Sala “Una città più equa, più bella, più prossima e sostenibile”. Questo è lo slogan lanciato da Sala nel suo intervento al Forum della Rigenerazione urbana il 27 del mese scorso. Un obbiettivo che certamente non è stato raggiunto, forse nemmeno sfiorato, sino ad oggi.
Nulla è ancora perduto perché ci sono davanti a noi – e a lui – ancora tre anni e mezzo, forse un tempo non sufficiente per fare goal ma certo per lasciare una miglior immagine di sé, anche a favore di un suo successore a candidato sindaco espressione di un mondo di sinistra.
Il modo migliore per arrivarci è di dichiarare ogni volta che si prende una decisione in che ambito questa si collochi: rientra nell’obbiettivo di una città più equa? In quello di una città più bella? Più prossima? Sostenibile?
Definito l’ambito bisogna anche dire quali sono le ragioni che fanno rientrare la decisione presa in quello dichiarato e farlo semplicemente, senza ambiguità, lasciando da parte il politichese.
Per rassicurare la cittadinanza sarebbe bello che il Sindaco all’inizio dell’anno facesse un rapporto alla città per informarci di quel che ha fatto sino a quel momento per tener fede alle sue quattro dichiarazioni, per intenderci quelle cui ho accennato prima e comunque comunicare, comunicare, comunicare.
Non gli mancano le risorse: c’è un Direttore Unità Coordinamento e Semplificazione delle Comunicazioni con Cittadini, City Users e Imprese – Area Comunicazione c’è un Capo Ufficio Stampa, c’è un Portavoce del Sindaco e ognuno con il suo staff. Li faccia lavorare.
Magari prima di mettersi al lavoro diano un’occhiata al “Rapporto sulla città”: Milano, contraddizioni, promesse e futuro della metropoli lombarda del 30 marzo ultimo scorso (Fondazione Ambrosianeum), che come ogni anno guarda alla civitas piuttosto che all’urbs. Può essere un esempio da seguire.
Veniamo alla questione dell’uscita di Fedrighini dal suo gruppo per confluire nel gruppo misto che raduna in genere tutti i transfughi che per una ragione o l’altra vogliono riprendersi la libertà di voto perché ormai le loro opinioni divergono da quelle del gruppo originario.
Le sue ragioni dichiarate sono la delusione nei confronti della politica di Sindaco e Giunta che a suo dire non stanno prendendo decisioni sufficienti per frenare l’ingresso città delle auto dei pendolari al fine di ridurre l’inquinamento.
Questa politica comprende sia l’innalzamento dei ticket di ingresso sia la riduzione degli spazi stradali ove è consentito parcheggiare le automobili.
Questa è una serie di provvedimenti che sino ad ora ha dato scarsi risultati, soprattutto sul fronte dell’inquinamento. Il problema comunque è molto complesso, vedere l’indagine di RSE, una società controllata dal Ministero dell’Economia.
Proviamo invece ad inserire a questo intervento di riduzione degli spazi di sosta in città una novità, assegniamogli una categoria rispetto agli obbiettivi indicati dal Sindaco.
L’equità. Questa non c’è perché penalizza fortemente i pendolari e tutti quelli che hanno bisogno dell’automobile per motivi di lavoro o perché la scelta del mezzo pubblico è troppo penalizzante in termini di tempo o per chi ha problemi di accompagnamento. Favorisce i residenti che dispongono di un parcheggio di proprietà e chi risiede in un luogo ben servito dai mezzi pubblici.
Più bella. Le automobili deturpano la città. Toglierle va nella direzione giusta.
Più prossima. Qui si tratta di capire di che prossimità parliamo: vicinanza ai servizi, stimolare il commercio di prossimità, stimolare e favorire i rapporti sociali? Far sentire la vicinanza dell’amministrazione ai bisogni principali? La declinazione di prossimità è vaga ma comunque poco o nulla ha a che fare con l’automobile.
La sostenibilità. Anche questa parola andrebbe declinata sempre pensando alla riduzione del traffico e dunque alla qualità dell’aria. Qui abbiamo poco da dire: ridurre il traffico vuol dire ridurre le emissioni di sostanze nocive: quali, quante? Quante strettamente legate all’area comunale, solo rispetto alla quale si possono prendere provvedimenti? Sto pensando alle tangenziali e ai problemi di area vasta.
Di ogni provvedimento va fatta una analisi costi/benefici ma soprattutto cercare di tenersi lontani dall’emotività, dalla tentazione di vedere solo vantaggi elettorali e di visibilità, insomma assumere un atteggiamento razionale nel prendere le decisioni, in particolare all’avvicinarsi delle scadenze elettorali che creano un clima assolutamente pericoloso nei confronti della razionalità.
Basta poi scorrere le lettere ai giornali cittadini per capire dove questi puntino il dito: lo sporco in città, il pessimo stato dei marciapiedi e delle pavimentazioni in genere, la qualità dell’aria, la lotta tra pedoni , biciclette, monopattini, auto in sosta sui marciapiedi, la scarsità di mezzi pubblici e anche quella di cestini per rifiuti sui marciapiedi.
A loro dove e come si da una risposta?
Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera Milano ha constatato la scomparsa dalla scena delle grandi famiglie imprenditoriali milanesi. Io aggiungerei anche quella dei grandi professionisti, avvocati, banchieri, accademici. La città è cambiata e continua a cambiare. Diventa sempre più difficile capirla e di conseguenza governarla. Bisogna averne o una conoscenza diretta o delle antenne diffuse che ti diano una mano. Il cerchio magico non serve a nulla, anzi ti depista.
Buon lavoro sindaco Sala.
Luca Beltrami Gadola (Arcipelago Milano)
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