Oltre al maschio tossico abbiamo scoperto il patriarcato. Dopo il patriarcato, oltre al patriarcale, cosa c’è? C’è il Mbeb, detto anche Mbè ? Lo fecero scoprire, poteva essere diversamente? due ragazze romane, Valeria e Maria Chiara, che sulla pagina Instagram eterobasiche hanno parodiato i maschi etero basici, quelli, cioè, del calcetto, i Maschi Bianchi Etero Basic, la versione europea del wasp, l’uomo tradizionalmente privilegiato, membro della categoria stereotipata classica dominante, che abitualmente comunica, tra tifoseria di calcio, fica (detta anche quote di genere) e politica, con l’espressione magica, Mbè. Dopo la brutta e stupida morte della vittima Giulia, è ormai indubbio che il mostro non è malato, ma figlio sano, portatore sano, di patriarcato. L’eterobasico, privilegiato da questa cultura, non è necessariamente violento ma sempre implicitamente colpevole, complice morale e culturale. Non tutti gli uomini; tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Vent’anni fa lo junghiano Zoja descrisse la scomparsa degli eroi mitologici divenuti padri assenti ingiustificati in abdicazione alla loro autorità.
Le donne avrebbero potuto prenderne il posto, senza nascondersi dietro i termini incomprensibili di catcalling o stalkerare? Le donne hanno optato per il murales di Milano, dove il faccino veneto giuliesco giullaresco sembra il joker, mentre si abbraccia in cappottino rosso da Cappuccetto, invece a Palermo i vestiti rossi senza Giulia sembrano sotto il vestito niente oppure questi fantasmi. Scrive Profeta, autore di B.R. ammazzate Banksy, le donne sono l’instant book della 75enne nonna di Giulia, Emma è una ragazza del Sud (donna vittima della società patriarcale), presentato ai tg appena dopo il ritrovamento del cadavere. Le donne sono un film sul femminicidio, un album sul femminicidio, un musical sul Giulicidio, una santificazione espressa della vittima, uno spettacolo teatrale sul patriarcato, tipo Ligabue masturbantesi in collant femminili. Le donne sono – bruciate tutto– la sorella già membro onorario dei dark Maneskin, disperata ed arrabbiata come lo stupratore Damiano, ma portatrice di sani brand, alter ego oscuro del faccino d’angelo della sorella. Portavoce, le sue interviste coniugano le donne. Ed è subito tv del dolore, media del compatimento e del rammarico. Era l’occasione per il rifiuto della compagnia maschile, per l’allontanamento dai luoghi del consumo, della pubblicità e dell’entertainment. Anche le carabiniere si sarebbero dovute negare alla solita ronda con i colleghi maschi. Era l’occasione di pretendere l’apartheid femminile. Invece niente. Le donne pretendono di stare con questi violenti.
I Rocco e i suoi fratelli, senza educazione, progetti di potere o avvenire, cui importa solo la soddisfazione immediata fisica, la sopraffazione, l’economia dell’aggressività, l’orda selvaggia, definita mascolina, ma praticata da donne e uomini squali. Gli femminassassini sono, come nota Preferirei di no, newsletter di Goged., contraddittori per età, educazione, background, talvolta sono, come nota Vannacci, drogati, sbandati, fragili, pazzi, insicuri, patologici. Il contrario del patriarcato e delle sue regole ferree sull’uso della violenza, sulla gerarchia, sui ruoli. La violenza in corso, sporadica, primitiva, non codificata, senza senso, casuale; esplode proprio perché il patriarcato è obsoleto. Preferisco saperti morta che con un altro. Vengo a spararti, Voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi, io ci ho provato e tu mi hai detto no. E ora con quella cornetta ti ci strozzerò canta il rapper, Giambelli alias Emis Killa da Vimercate. Questo è dedicata a tutte le bambole rotte Che mi chiamano alle 2 di notte, dicono mi tratti male, tutte uguali: Mara, Sara, Chiara, non ti trovi bene? Cambia cazzo, Pupa, vuoi un ragazzo o un pupazzo? Quando me le faccio è perché sono fatto come una mina, Decido la donna che fa per me e invidio chi può averla, Cupido ha una mira di merda, Si ficcasse l’arco in culo e diventasse frocio, Avrei meno problemi e più oro sul mio orologio, Sempre in cerca della bambola che fa per me, Che duri qualcosa in più del mio lettore mp3, man Vuoi la storia seria, ma la risposta è no. Maledicimi con quella puttana della tua amica, ti ho incontrata coi polsi tagliati, che fumavi basi, quanti sfasi, quante belle frasi, ma ora no, fai la finta per bene coi jeans di marca, ma una donna si sgama da come parla (Bastarda) Ehi chica, pensavi fosse finita? Ti vorrei morta tipo ex di Fabri Fibra, Magari ti trovassero a pezzi su una collina E quello che mi dà gioia è che te ne sei accorta, stronza. Dopo averlo scritturato il sindaco ha precisato che non verranno cantate canzoni con contenenti espressioni violente di genere. Le canzoni degli adolescenti, le serie televisive, i filmati diseducativi, la pornografia onnipresente, le chat su rete e phones, sono pervase da una violenza selvatica, belluina, liberamente volante nella sfera pubblica buona perché antisistema. Malvagia è solo la violenza domestica, dal rimbrotto al semplice schiaffone fino alla coltellata, martellata e pistolettata, perché risalente all’autorità del padre marito padrone e dei genitori, o alla vicenda logorata di decenni di vita coniugale. In fondo la cultura dello stupro è nella famiglia, non nell’aggressore violento per strada. Si crede che solo la prima leda la libertà della donna.
La donna è oggi il nuovo proletariato la forza d’urto rivoluzionaria contro un’oppressione mondiale cui non è chiaro cosa sostituirebbe. Dovrebbero spiegarlo le femministe attiviste politiche giornaliste, sindacaliste delle donne, avanguardia corporativa egemone, che usa come una clava la vittimizzazione delle tragedie. Per GoG ed., si applicano all’uopo (Élite e masse)le solite teoria élitiste moscaparetiane (scopiazzate da Gramsci). Come la nomenklatura usò il proletariato, le femministe usano le donne. Quel che conta è se abbiano un progetto sistematico originale. Le nuove élite avanzano nell’editoria, stampa, tv, social network, web, mobilitazioni, palinsesti, promozioni, eventi, libri, film, rubriche, università, istituzioni con messaggi eversivi ma affatto contrastate dagli apparati occidentali dei vertici politici, imprenditoriali e mediatici, tutti maschili. La femminista ortodossa Izzo scriveva Le donne hanno messo in discussione il genere di subalternità, ma l’identità basata sul sesso scelto dissolve la realtà dei corpi. Il maschio potrà appropriarsi dell’identità femminile e peraltro uomini, che si dicono donne, ucciderebbero donne senza fare femminicidio. Il marketing aziendale usa da tempo gli stilemi femministi per vendere. Il femminismo corporativo pone il problema della furbata di donare alla femminilità uno spazio patriarcale ovviamente destinato a poche donne privilegiate che rivenderebbero alla massa femminile come successo di genere la loro promozione. Il capitalismo in un secolo esorcizzò l’eversione proletaria. In pochi decenni ha incanalato la rivoluzione donna che non se la sente di attraversare il deserto e di concretizzare le tante parole spese.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.