Jack Kerouac : per amore della libertà

Cultura e spettacolo

Milano 13 Giugno – Una piccola domanda, tenera come l’amore, forte come il dubbio, dolorosa come la verità, dolce come l’orizzonte della tua America, delirante come la droga, inebriante come l’alcol, inconcludente come la giovinezza, estasiante come il sogno, vibrante come la libertà. Una domanda per il tuo cuore  illuminato “da uno spicchio di sole”, per la tua anima senza risposte, per la tua vita spasmodica e apparentemente inutile, per il tuo “viaggio” da vagabondo che va per ritornare e ritorna per riprendere un cammino senza meta, alla kerouaccor460continua ricerca del nuovo, come fuga dal conformismo e dall’ovvio per ritrovare il senso di chissà quali cose, ammesso che ci sia un senso a quelle cose e ammesso che quel viaggio serva, con l’andare che recita il passare del tempo, col dolore per gli affetti perduti, con l’abisso sulla pelle del degrado dell’alcol, con l’euforia effimera della droga, con l’incontro di un’altra anima sola e perduta, sensibile come un poeta, amaro e dilaniato come un fallito, in una situazione di straziante stanchezza. Perché? Perché abbiamo amato il tuo viaggio, la forza rivoluzionaria dell’uomo che, nonostante la sconfitta individuale, sa esaltare la libertà, contro ogni forma di intolleranza e di falso conformismo?

Quel viaggio è il mio viaggio, il tuo viaggio, il viaggio di tutti noi contro una società che ci considera numeri, contro una società che ci vuole senza idee e allora diventa metafora di libertà, di conoscenza, di esperienza, di sopravvivenza, di vita. E quel viaggio non può che suggerire introspezione, conoscenza di sé, consapevolezza dei propri limiti, volontà per superarli, disperata, a volte, impossibilità di vedere il bello, ma anche scoperta dell’amicizia, dei valori dell’altro e di paesaggi immensi e Jack Kerouac2incantati come l’illusione e il sogno di una rivoluzione senza armi, ma con la potenza distruttiva del pensiero. E nel “…vuoto dell’universo che circonda il viandante solitario”, ho amato la vita e il tuo sguardo compassionevole e attento per chi si dibatte per non sentirsi un vinto, per chi è diverso, non trova le ragioni, non si sente adeguato, non ha strumenti sufficienti per combattere, per chi è altro in una società bigotta e conformista come quella americana negli anni 50. “Perché l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono luoghi comuni, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni, attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno: oooohhhh!”.

Ed è anche la meraviglia di una prosa, di un periodare scandito con il ritmo del be bop, libero e sincopato come il battito del cuore, dell’emozione, senza sovrastrutture stilistiche imposte, con l’immediatezza del sangue che pulsa, con la carnalità della vita “Non fare periodi che separino frasi e strutture già confusi arbitrariamente, da falsi punti e timide virgole per lo più inutili, ma servitevi di un energico spacco che separi il respiro retorico (come il musicista jazz prende fiato tra le varie sonate)”.

E nella libertà, nel tempo della vita chiediamoci sempre “Qual è la tua strada amico? La strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell’arcobaleno, la strada dell’imbecille, qualsiasi strada. E’ una strada in tutte le direzioni, per tutti gli uomini, in tutti i modi”