Racconto di Natale “Ma le bambole non piangono”

Cultura e spettacolo

C’erano bimbi felici a Mariupol, oggi gli orfani sono in parte accolti in una struttura, etichettati, emarginati perché altro non è possibile fare, nonostante la carezza del personale dedicato e la struggente partecipazione di chi ha un cuore vivo. E ’il tempo “…senza sole
armonia dimenticata
gelo senza scampo
odore di morte

“…il tempo della guerra
dei fili spinati
di corpi congelati
vestiti di dolore”

Il tempo “…del pianto dei bambini
isolate note
mai ascoltate” (Olmo Losca)

Natale. Pensieri, intenzioni, gesti di luce si intrecciano portati dal vento della sensibilità, dall’Italia all’Ucraina, per un sorriso comune, parole e doni, il candore che unisce i bambini, con la semplicità dell’innocenza.

“Cara amica… non so ancora come ti chiami, ma ho raccomandato a Babbo Natale di regalare la bambola a una bambina speciale che le volesse bene. E’ la sorellina di Luna e si chiama Stella ed è bionda come, mi hanno spiegato, molte bambine in Ucraina. Forse ha sofferto per il distacco, ma le bambole non piangono e sanno che potranno essere felici se saranno amate. Come vedi è bellissima, sorridente e buona”

“Mi chiamo Angela e mamma ripeteva che ero un piccolo angelo venuto dal cielo. Avevo un po’ paura che fosse spaventata perché una bomba mi ha rubato la mano sinistra, la casa e mamma e papà. Ma io l’abbraccio e la cullo con il braccio destro, le mostro le rovine intorno, guardiamo gli uccelli che volano e Stella sorride, anche quando piango”.

Come si fa a spiegare a una bambola l’orrore distruttivo di una guerra che sembra non finire? Le bambole conoscono solo l’amore, ma Angela rivede… gli occhi sono feriti dall’ossessione, ogni giorno. Da quel treno  “gentile” c’era  chi scendeva in barella, chi con la sedia a rotelle, chi con le stampelle. Ferite disegnate senza pietà, dolorose, lame nella carne, morte nel cuore.

I bambini si guardavano l’un l’altro, annientati da un silenzio spettrale, mentre i pensieri divoravano speranze e volontà. Inutile guardare fuori dal finestrino, già avevano visto, già avevano sentito l’odore acre dei cadaveri accatastati, senza nome.

Non era possibile misurare il tempo, il viaggio era  il dramma dell’attesa, il doloroso declinare delle ore, fino a quando? Oggi 120 0rfani di Mariupol sono ospiti in uno orfanatrofio e attendono la fine dell’orrore, forse una nuova famiglia.

“Cara Angela, sono contenta che Stella si trovi bene. A lei non interessa se la guerra ti ha rubato la manina, va con lei a fare una passeggiata sul ghiacci e guarda le stelle, ti insegnerà a sorridere”.

“Cara Liliana, qui non è possibile fare una passeggiata tra le macerie, i missili improvvisi, i suoni delle sirene, ma posso mostrarle la festa delle stelle, raccontare le favole a Stella, imparare a non piangere. Voglio mandarti un regalo…

Avevo una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste dei chiari cieli splendenti,
e il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la pace.” (Talil Sorek)

Nene Ferrandi

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