E’ da tempo fermo convincimento dei sinceri cultori del Diritto Costituzionale che le cosiddette “riforme” dei dettati costituzionali già in vigore sono generalmente, nei fatti concreti della storia, o inutili o impossibili.
Ciò per il semplice motivo che, se un dettato già in vigore prevede esso stesso di poter essere integrato, nella sua materiale sostanza, in tempi a tale dettato successivi, al fine precipuo di adeguarne la sua valenza di legge suprema di uno Stato, c’è quindi inutilità a riformare.
Mentre, se un dettato già in vigore origina dalla fotografia d’una da esso predefinita situazione storica di uno Stato, quest’ultima non può di certo, nei fatti, venir, indi, mutata e quindi si rende materialmente impossibile “riformare” tale dettato, che pertanto potrà solo venir sostituito da uno completamente nuovo.
E’ quest’ultimo, appunto, il caso specifico della Repubblica Italiana e della sua Carta Costituzionale, con essa al tempo stesso nata e dei conseguentemente vani tentativi di “Riforme Costituzionali” succedutisi nel corso degli ultimi quarant’anni, che solo han prodotto degli effetti peggiorativi di un dettato, dai connotati precipuamente ideologici, rimasto sostanzialmente inalterato e peraltro mai compiutamente -ancor ad oggi- attuato.
Quanto qui sopra premesso consente di potere serenamente -e con la necessaria cognizione di causa- fare una analisi oggettiva della più recente proposta di riforma costituzionale, promossa dal Governo Meloni e per lo più nota con il nome di “Premierato”. Proposta di legge costituzionale, che come tale, implicando una maggioranza di almeno due terzi del Parlamento od alternativamente un favorevole esito referendario, molto difficilmente potrà venir realizzata nel corso della proponente legislatura (… confermando così quanto qui in premessa …).
Stante la storica origine “antifascista” della vigente Costituzione Italiana, gli estensori originari del suo dettato deliberatamente “svuotarono” in esso le prerogative del potere esecutivo (Consiglio dei Ministri e Presidente relativo, quale mero “primus inter pares”) dando nel contempo la centralità di sistema al Parlamento in quanto eletto direttamente dai cittadini a suffragio universale, in presenza di una istituzionale pluralità di “Partiti”.
Poiché però, nella realtà vissuta, non esiste che una qualsivoglia organizzazione strutturata, sia essa di natura privata che pubblica, possa essere materialmente “gestita” da un organo assembleare, nel volgersi del tempo, l’effettivo ruolo di “gestione” della Repubblica Italiana è andato accentrandosi nelle mani dei “Partiti politici“, che si sono vieppiù appropriati del Parlamento, che elegge il Capo dello Stato, nella qualità di Presidente della Repubblica, politicamente irresponsabile e garante supremo di tutti i poteri.
Contestualmente, è fattualmente avvenuto che in un tale, mutatosi quadro istituzionale d’insieme, gli originari poteri di mera garanzia del Capo dello Stato hanno vieppiù assunto connotati de facto esecutivi, per colmare le carenze gestionali dovute ad una sempre più frequente incapacità litigiosa dei Partiti, che hanno comunque nei fatti reali espropriato i cittadini-elettori della loro esclusiva sovranità costituzionale da esercitarsi per il tramite della rappresentanza parlamentare.
E’ così che l’originaria repubblica parlamentare introdotta in Italia con la vigente Carta Costituzionale s’è via via andata trasformando fattualmente in una sorta di oligarchia partitocratica presidenziale a tutto discapito d’una autentica democrazia rappresentativa dei cittadini elettori, titolari della sovranità dello Stato.
Ora, un tale intervenuto degrado istituzionale, con relativo materiale trasferimento della effettiva sovranità dai singoli cittadini elettori ai partiti politici rappresentati nel Parlamento, ha condotto nei fatti e negli anni passati, ad avere ripetutamente dei governi assemblati dal Presidente della Repubblica con esponenti di partito eletti al Parlamento tra le fila della minoranza votata dai cittadini. Un tale e specifico fatto è stato percepito da tutti gli italiani come un grave e sostanziale deficit di reale democrazia!
Al supposto fine di ovviare definitivamente alla possibilità costituzionale di avere governi che non siano il frutto di una sola e diretta scelta dei cittadini-elettori, il Governo Meloni s’è fatto iniziale promotore di una “riforma” della Costituzione (il cosiddetto “Premierato”), che consiste nell’introdurre, nel testo dell’attuale, vigente Carta Costituzionale quale essa è, l’elezione diretta a suffragio universale del Presidente del Consiglio dei Ministri … e così “restituire ai cittadini l’esclusiva scelta di chi li debba democraticamente governare” …!
Va però, purtroppo, ben notato che una siffatta “riforma”, appiccicata all’interno dell’immutato insieme del vigente assetto costituzionale italiano, che ha generato una fattuale “partitocrazia”, andrebbe in pratica solo a cristallizzare definitivamente il presente regime partitocratico, che attualmente preseleziona da solo i candidati a “Premier” tra i suoi eletti al Parlamento.
Quindi, un tale proposto “Premierato” (e … sempreché venisse realmente attuato come riforma costituzionale) sarebbe solo fumo negli occhi dei già bistrattati cittadini-elettori, ai quali potrebbe realmente venire restituito l’esercizio effettivo della sovranità tramite il voto, solo e soltanto restituendo loro direttamente sul territorio la scelta materiale dei loro rappresentanti in Parlamento … e non certo “eleggendo direttamente il Premier”…!
E, per liberare l’Italia dal cancro della fattuale “Partitocrazia” instauratasi in virtù della Costituzione ora vigente, sarebbe necessario avvenisse uno iato istituzionale e l’introduzione di una totalmente nuova “Carta”. Chissà, se mai un tal giorno verrà?
Antonio Belloni
(autore di : “L’”Italia” La Guerra! La Paura Un Futuro? https://youtu.be/eBg1tg1Bsls”
e del pamphlet di attualità politica : “Che Estate! E mo, che facciamo?” https://youtu.be/AWDqW8X4Nh4)
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