In questo suo ultimo libro, Nicola Porro svolge un meticoloso lavoro di giornalismo di inchiesta che mette a nudo, uno ad uno, i meccanismi dei giochi di potere della sinistra. Per questo, sarebbe opportuno farlo trovare sotto l’albero di Natale di amici e parenti di ogni colore politico. Tutti potranno trovare spunti di riflessione, non solo i liberali che la pensano come l’autore, i quali vedrebbero corroborate le proprie idee, ma ancor più le persone di sinistra e i verdi che, se dotati di onestà intellettuale, dovrebbero fare i conti con se stessi e con i loro partiti di riferimento. Nulla è così necessario quanto conoscere le argomentazioni degli avversari, in modo da poter difendere le proprie idee.
Gli altarini della sinistra, che qui vengono svelati, sono di estrema attualità e toccano temi scottanti, ma andiamo con ordine. Non si può assolutamente prescindere dalla Introduzione, in cui Porro ricorda le differenze fondamentali tra la destra e la sinistra. Tanto per incominciare, “la sinistra – afferma l’autore – ritiene di non avere altarini”. “Non c’è presa di coscienza degli errori compiuti”, una revisione del proprio operato e un nuovo inizio. La sinistra si adopera costantemente ad assolvere se stessa e anzi, ad insegnare agli altri il senso dei loro errori. La sinistra si nutre del giustificazionismo etico e di quel famoso senso di superiorità morale, per cui giudica e mette alla gogna solo gli avversari, assolvendosi sempre, con la supponenza di voler perseguire il bene collettivo e non l’interesse personale. “Pensiamo all’ambito economico, in cui la sinistra sostiene l’uguaglianza e combatte le disuguaglianze… al contrario, detesta chi protegge le nostre tradizioni culturali in nome di una disuguaglianza di provenienza da tutelare”. Quindi, oltre a non riconoscere i propri errori, ammantata da una presunta superiorità morale, in quanto si ritiene l’unica depositaria della difesa dei diritti dei più deboli, cade anche in contraddizione logica poiché, pur condannando le diseguaglianze come criminali in tutti gli ambiti, vuole nello stesso tempo proteggere le disuguaglianze che fanno comodo a lei.
Sostiene a spada tratta il lavoro a tempo indeterminato, ma “ritiene che i contratti di nove mesi, nel caso dell’utero in affitto, siano leciti”. Eppure, non supporta le politiche per la natalità. Non accetta che il mercato si regga sulla legge della domanda e dell’offerta e pensa che debba soddisfare i bisogni, sempre necessari. Al contrario, il liberale Einaudi osservava che sul mercato si soddisfano domande, non bisogni. La sinistra, inoltre, si fonda su granitiche certezze ideologiche e non si lascia minimamente sfiorare dal dubbio. Invece, la cultura liberale coltiva proprio il senso del dubbio. Come insegna Popper, “il dubbio è il cuore e l’anima di ogni pensiero critico” – scriveva Giuliano Ferrara. Si procede per congetture e confutazioni che sono date dalla verifica in termini di fatto, dall’esperienza, da un “metodo improntato alla flessibilità etica ed epistemologica del dubitare di tutto”. Ci viene così spontaneo osservare – complice la nostra formazione filosofica – che il pensiero liberale affonda le sue radici nell’interrogazione socratica che nulla dà per scontato e ha un suo punto fermo nel pensiero degli antichi filosofi scettici, i quali praticavano l’epoché, ovvero la sospensione del giudizio. Ripresa da Cartesio, con il suo dubbio metodico, l’epoché è in seguito rivisitata da Husserl per porre in discussione l’atteggiamento naturale e ricondurre il mondo all’origine, da cui scaturisce il senso. Quello del dubbio è un tema complesso, che caratterizza il pensiero liberale e conduce a speculazioni filosofiche profonde.
Tornando al testo di Porro, dopo gli opportuni chiarimenti dell’Introduzione, i capitoli passano poi agilmente in rassegna alcuni fatti di cronaca rappresentativi delle tematiche del momento, con il supporto della relativa documentazione: giustizia, immigrazione, corruzione, riscaldamento climatico. Lasciamo al lettore scoprire dove e come si nascondono gli altarini della sinistra nei temi in questione. Qui accenniamo solo che si mostra, tra le altre cose, l’oscuro legame tra la triste vicenda del commissario Calabresi e il processo che ha investito Enzo Tortora; il caso Davigo che, da grande inquisitore, si è trovato ad essere inquisito. Non poteva mancare il caso del papa nero Soumahoro: da paladino dei più sfortunati a sfruttatore degli ultimi. Inoltre, si ripercorre l’incredibile scandalo del Quatargate. A chiudere il libro, il lungo capitolo dedicato al “dio climatico”, un argomento che ha pesanti ripercussioni sulla vita di ognuno di noi. Nicola Porro spiega con rara lucidità il passaggio da socialismo a climatismo e da giustizia sociale a giustizia climatica, espressione, quest’ultima, che di suo non sembra avere alcun senso.
“Sia il liberalismo, sia il socialismo – scrive Porro – intendono difendere i più deboli, ridurre la povertà: il primo pensa che il mercato sia il modo migliore, il secondo che l’opzione vincente sia lo stato e i suoi amministratori. Il problema non è il fine, ma il modo con cui raggiungerlo. E il climatismo è la declinazione moderna del socialismo…Il fatto che esiste il riscaldamento climatico è diventato un ottimo pretesto per distruggere il nostro modello di sviluppo. Il tema, per un liberale, non è solo il rispetto del pianeta, ma il rispetto dell’individuo, esattamente come lo era quando doveva difendere l’individuo dallo stato nel perfetto mondo socialista”, in cui era schiavo della burocrazia centrale e appiattito in una uguaglianza artificiale. In linea con le pratiche socio-marxiste, “il climatismo vuole scardinare economie saldamente legate ai territori e alla tradizione… È in corso un vasto tentativo di modificare gli usi, i costumi, le economie e finanche le vite dei cittadini, che vengono sempre più spesso trattati come sudditi”. “Il climatismo è il nuovo paradigma morale della sinistra”: chi non lo condivide viene tacciato di negazionismo. In nome di questo nuovo dogma c’è di tutto: la crociata contro il motore endotermico, che dà lavoro a milioni di lavoratori ed è una delle più floride industrie europee, con una emissione di Co2 minima in confronto al resto del mondo.
Poi c’è la follia green che penalizza in particolare l’Italia, mettendo al bando o segnalando come pericolosi cibi che sono un’eccellenza del Made in Italy. Il “Nutri-score” sull’etichetta dei prodotti alimentari, voluto dall’Europa ha un forte impatto visivo sui consumatori e finirebbe per indicare come poco salutari, quando non commestibili, prodotti quali il Parmigiano, in realtà soggetti a controlli ferrei. Non finisce qui perché le direttive europee vanno a toccare un bene particolarmente prezioso per gli italiani: la casa. L’adeguamento delle abitazioni alle nuove classi energetiche è già stato stabilito: classe E entro il 2030 e D entro il 2033. In un paese come il nostro, in cui la maggior parte degli edifici sono in classe F e G, ciò significa un esborso impressionante per i proprietari di casa, una stangata senza precedenti. Il tutto, naturalmente, per il nostro bene, in quanto risparmieremmo energia e contribuiremmo ad abbassare le emissioni di Co2. Peccato che se davvero così fosse, i cittadini si sarebbero già mossi di loro iniziativa in tale direzione. Tuttavia, “ciò non interessa ai climatisti perchè la loro è una posizione ideologica: è il modello di sviluppo capitalistico che combattono…L’ambiente val bene la povertà dei cittadini”.
E quale spiegazione dare alle cause della siccità e delle alluvioni? Il cambiamento climatico, ben inteso, ad opera dell’uomo, come mai era successo prima. Non è il nostro sistema di tubazioni dell’acqua che è un colabrodo e nemmeno la mancanza di dighe e svasi la causa della scarsità di acqua e delle inondazioni. È invece il cambiamento climatico causato dai comportamenti umani. “Ma quale categoria di uomo è colpevole di questo stato di cose? Ecco il punto. È l’uomo bianco, occidentale, conservatore e urbanizzato. Quello che ha l’auto con il motore a scoppio, ha un appartamento con caldaia a gas, che viaggia in aereo e, folle come è, si permette anche di mangiare carne prodotta da un allevamento. Per non far finire l’umanità, bisogna distruggere il modello di vita di quest’uomo”. “Anche coloro che vengono definiti “negazionisti” non negano affatto che la temperatura della Terra sia aumentata di poco più di un grado. Ciò che contestano, semmai, è che sia colpa esclusiva dell’uomo”. Al contrario, secondo il nuovo dogma della sinistra, non è così: “Noi paghiamo costantemente il prezzo dei nostri comportamenti climaticamente non corretti. Quindi c’è bisogno di maggiore giustizia climatica”. Ecco spiegato come la giustizia climatica ha sostituito la giustizia sociale, diventando il nuovo vessillo della sinistra.
Caterina Majocchi – Laureata in Filosofia estetica, Critico d’arte, Consulente artistico, Content Creator
Laureata in Filosofia
Counselor, Content Creator, Critico d’arte e Consulente artistico
Ha pubblicato su Domus – Editoriale Domus,
Architettura e Arte – Ed. Pontecorboli, Materiali di Estetica – Ed. CUEM