“Il silenzio fa male / il silenzio mi dorme accanto / ma la vita è una bomba / che esplode ogni giorno / chi ha il detonatore? / sommerso dalle ore a cercare pezzi di me / e quando il buio fa luce sul mio giorno / sento che manca sempre una parte / e nuoto, pur non sapendo nuotare / e volo, pur non sapendo volare / e vivo / pur non sapendo vivere”.
Avete appena letto la poesia Vivo di Roberto Frangipane, autore che da sempre lavora con la sua voce, rendendoci partecipi di ciò che ama attraverso la scrittura, la musica e la radio. Nasce a Novara e da adolescente vive e
assorbe tutta la cultura e la musica degli anni ’70. Giovanissimo sente il bisogno di esprimersi e dar voce ai suoi pensieri. Trova presto gli strumenti per raccontarsi: la sua prima chitarra e i primi passi nel mondo delle “radio libere”, apparse proprio in quegli anni. Dalla radio alla scrittura il passo è breve: racconti e poesie nascono spontanei, come testi di canzoni silenziose che sottolineano l’intensità e la magia delle parole. Parole, versi e strofe che fluiscono in un crescendo di emozioni, sentimenti e passione: tutto questo è Gocce, la sua prima raccolta di poesie, pubblicata da PortoSeguro Editore. Incontro oggi l’autore.
Nel tuo libro racconti l’uomo esplorando le mille sfaccettature dell’anima. Quando hai sentito l’esigenza di trasformare le tue riflessioni in versi?
Direi che l’esplorazione è cominciata da adolescente quando, un po’ come tanti, mettevo giù frasi, pensieri su di me, sugli altri o sul mondo. La mia adolescenza, grazie a Dio priva dei “device” di oggi, l’ho passata leggendo tantissimi libri, soprattutto fantascienza, ma mi affascinavano anche E.A.Poe e Lovecraft che viaggiavano sulla stessa linea. La vera svolta però fu grazie a un paio di libri che mi regalarono quando avevo credo 17 anni: “I fiori del male” di Baudelaire e soprattutto un libro con la prefazione della grande giornalista e scrittrice Fernanda Pivano, ovvero “Poesia degli ultimi americani”, una raccolta che ho adorato e ingoiato in un boccone e che conteneva poesie di straordinari poeti americani della generazione degli anni 60/70, come Ferlinghetti, Ginsberg, Kaufman, Kerouac, Corso e tanti altri. Ricordo addirittura che dopo aver letto il libro cominciai a scrivere come loro, nel senso che usavo una macchina per scrivere!
La musica influenza la tua produzione poetica? Se sì, come? Direi di sì! Ho avuto un grande “maestro” che è stato Peter Gabriel al tempo dei Genesis e, anche qui, io e tanti altri dobbiamo ringraziare un giornalista, Armando Gallo, che era corrispondente a Londra della rivista musicale “Ciao 2001”. Fu lui a portare i Genesis in Italia ma soprattutto, per merito suo, quando compravi gli lp del gruppo, all’interno avevi tutti i testi delle canzoni con la traduzione italiana. Grazie a Gabriel e alle sue “poesie” in canzoni, presi molti spunti per la mia scrittura.
Leggendo il tuo libro viene spontaneo immedesimarsi nel narratore, analizzare il proprio trascorso per rivivere, attraverso i tuoi versi, esperienze lontane o emozioni inespresse. Chi racconta è Roberto con il suo vissuto o è un Roberto-regista che si estranea da sé per portare in scena i sentimenti umani?
A dire il vero credo entrambi, a volte anche con uno strano mix: racconto di me ma facendo dirigere all’io regista! Comunque direi che in gran parte quello che scrivo riguarda me, i miei sentimenti, le mie paure e, ogni tanto, forse per non chiudermi troppo in me stesso, metto la testa fuori e osservo la vita di un io immaginario.
Ricorrente è il tema dell’amore, Amore è anche il titolo della seconda poesia di Gocce. Scorrendo le pagine e andando avanti nella lettura mi imbatto in tre versi che mi colpiscono molto: “Le mie mani accarezzeranno le tue emozioni / E le tue emozioni / accarezzeranno la mia anima”. Cos’è l’amore per te e quanto è importante amare nella vita?
Vi svelo un’altra lettura di queste parole che vale anche per altri versi del libro dove parlo d’amore o comunque del mio rapporto con le donne: andate oltre il semplice sentimento, che semplice non è mai, e provate a pensare alla parte cosiddetta intima di un rapporto, a quella più sensuale governata dall’eros… con questo pensiero provate a rileggere le poesie e scoprirne ogni sfaccettatura. Sono convinto che il sentimento d’amore vero pervada tutta la persona, ne abbiamo bisogno in ogni momento… è come un cellulare: se non ci sono abbastanza “tacche” … il cuore non prende!
Nella poesia Ogni giorno i primi versi recitano: “Provo a guardarmi intorno / ancora una volta / e non vedo altro che il mondo / Vedo persone attaccate alla vita / Vedo la vita attaccata alla morte / Il cerchio si chiude / Sempre […]”. Qual è la tua visione della vita? Tu che con la poesia analizzi e ti immergi nelle emozioni, quale messaggio finale vuoi lasciare ai lettori di Gocce?
Mi rendo conto che a volte possa sembrare un po’ cinico, dark, pessimista forse, ma anche questi pensieri presenti tra le righe delle mie poesie li vedo come uno stimolo per andare a fondo nella nostra mente. Se vedo nero… perché vedo nero? Come posso con le mie forze o con un aiuto dare nuovi colori a quello che vedo? Questo è il mio cerchio della vita: non dobbiamo rimanere “attaccati” alla vita che, come ho scritto, è “attaccata” alla morte… dobbiamo semplicemente viverla!
Francesca Provetti
Laureata in Economia e Commercio e in Marketing e Mercati Globali. Amante dell’arte e della cultura fonda l’associazione Mia-Monza International Art, di cui è presidente e direttrice. Organizza mostre ed eventi culturali. Pittrice e insegnante d’arte presso il suo studio a Monza.