Dopo una pluriennale esperienza in qualità di Direttore Risorse Umane, il Prof Enrico Minelli è attualmente docente di Risorse Umane e Organizzazione Aziendale presso Istituzioni Universitarie, Società di Consulenza e tiene i corsi GOL di Regione Lombardia relativi alle sue materie.
Da dopo il Covid è cambiato il “mindset” della generazione Z il cui obiettivo principale sembra essere la ricerca di un equilibrio vita-lavoro. In base alle ultime indagini in materia, i giovani, a differenza delle generazioni precedenti, sembra non rincorrano più la carriera ma soprattutto il benessere personale, tantochè dagli USA è stato coniato il termine “Quiet Quitting”: cioè i giovani tendono a lavorare il necessario perché vogliono tutelare il proprio tempo libero. Carriera sì ma solo se permette un equilibrio vita lavoro, maggiori responsabilità sì, ma fino ad un certo punto. Proprio recentemente ho avuto nelle mie lezioni alcuni ragazzi, anche con delle potenzialità, i quali hanno detto di non voler diventare manager, perché avrebbero maggiore responsabilità e ciò porterebbe via dei momenti da dedicare ad amici o ad altro.
Emigrazione verso i paesi esteri…Una grande percentuale di giovani decide di abbandonare l’Italia e di emigrare all’estero per lavoro. Perchè? Qual’è l’offerta e la proposta estera ai nostri giovani, rispetto all’Italia?
Innanzitutto sono diversi i motivi che spingono i giovani ad andare all’estero. Primo perché all’estero c’è più facilità di far carriera e c’è una formazione migliore. In Italia il giovane che arriva in azienda, viene spesso “gettato” – letteralmente – nella mischia. All’estero c’è un concetto di formazione che in Italia non abbiamo, ad eccezione di qualche grande azienda o multinazionale. Calcoliamo che l’ 85% delle aziende italiane sono medio piccole, e vedono la formazione come un tempo sottratto alle attività aziendali. Basti osservare il numero dei morti sul lavoro che spesso non hanno avuto formazione sufficiente, per rendersi conto del fenomeno, o parlare del “burnout” dei giovani, ai quali spesso vengono affidate responsabilità senza un training adeguato. Detto ciò il giovane all’estero ha innanzitutto una formazione che gli permette di affrontare in maniera professionale, e soprattutto con preparazione, nuove sfide e maggiori responsabilità. Ci sono criteri obiettivi per valutare le “performances” dei lavoratori e dei piani di sviluppo e di carriera molto chiari. In Italia, soprattutto nelle piccole medie imprese spesso si da’ precedenza ai figli, agli amici, ai senior e magari meno ai dipendenti giovani qualificati e preparati. Oltre alla formazione e alle maggiori possibilità di carriera, un altro motivo è la retribuzione. Ricordiamo che nel nostro paese le retribuzioni dei giovani sono statisticamente le più basse d’Europa.
Nord e sud dell’Italia ma anche del mondo…divario relativo al tasso di occupazione ma anche alla tipologia di lavoro. Parliamo di questo aspetto?
Nord e sud dell’Italia, nord e sud del mondo è un concetto piuttosto complesso. Quello che posso vedere insegnando nei master post-universitari, è altissima la percentuale di giovani che dal sud arriva al nord. Quindi cosa sta succedendo? Giovani preparati vengono a trovare lavoro al nord e non tornano più al sud con relativo depauperamento delle risorse, delle potenzialità e dei talenti al sud. Invece molti degli studenti del nord vanno in Europa o negli Stati Uniti. Si verifica che se da un lato il sud si impoverisce di talenti perché non hanno la possibilità di trovare un lavoro adeguato, dall’altro il nord si impoverisce di talenti, perché tornando a quanto già detto precedentemente, molti se ne vanno all’estero, con tutte le conseguenze che ne derivano per il nostro paese.
Altro aspetto importante, è la scelta dei giovani verso l’occupazione pubblica piuttosto che privata. Cerchiamo di chiarire il motivo, spiegando i pro ed i contro di entrambi.
Devo dire che ultimamente i giovani aspirano meno, almeno per mia esperienza, al lavoro pubblico. Mentre prima c’era una corsa al pubblico, soprattutto da parte dei giovani del sud, adesso c’è una tendenza inferiore da parte delle nuove generazioni perché il lavoro pubblico ha delle limitazioni. Innanzitutto limitazioni salariali, di sviluppo delle proprie potenzialità, limitazioni a livello anche di carriera, ricordiamoci che spesso nel pubblico, si fa carriera perché sei l’amico di …e non perché sei una persona che ha le giuste competenze. Poi i giovani di oggi devo dire, e questa è una caratteristica molto bella rispetto alla mia generazione, non temono il cambiamento! Quindi come vanno all’estero, come dal sud si trasferiscono al nord, si spostano da un’azienda all’altra se il posto di lavoro non soddisfa le loro aspettative – il cosidetto “job hopping” tantochè il tasso di dimissioni tra i giovani è molto alto proprio perché non hanno problemi a cambiare se il posto di lavoro non offre un buon clima aziendale, non tiene conto delle proprie esigenze di equilibrio vita lavoro o perché le retribuzioni sono inadeguate. Ovviamente in alcune zone d’ Italia ci sono meno opportunità di cambiamento, ma dove ci sono questa è la situazione al momento.
Giovani precari, con contratti di lavoro che vincolano il loro futuro. Discutiamo di tale aspetto.
A mio parere il problema non è tanto il contratto a tempo determinato et similia, il vero problema è la scarsa motivazione che le aziende danno ai giovani con tali modalità contrattuali. Cosa significa?
L’azienda spesso vede il contratto a tempo determinato come un modo per non tenersi il lavoratore. Esempio: assunzione per sei mesi perché si ha bisogno di sistemare il magazzino, o perché c’è un picco di produzione, e va bene. Ma l’azienda dovrebbe vedere il giovane come un investimento, cioè dovrebbe anche tenere conto che se la persona a tempo determinato ha delle potenzialità, qualora ci siano possibilità, dovrebbe trattenerla, non sostituirla con un altro che poi finirà e con un altro ancora per non avere il vincolo del tempo indeterminato. Anche perché il continuo “turnover” danneggia l’azienda come immagine nei confronti dei clienti e dei terzi oltre che comprometterne l’efficienza. Non parliamo poi degli stage utilizzati per fare dei lavori che di stagista non hanno nulla!
Aziende italiane o estere?
Aziende italiane, aziende estere… Io personalmente ho visto differenze tra multinazionali estere ed aziende italiane. Le aziende italiane, parlo da direttore e docente di risorse umane, sono molto indietro in questo settore, perché le risorse umane sono un investimento. Cosa significa? Significa che l’ azienda estera, la multinazionale investe sul capitale umano mentre l’azienda italiana investe meno, poichè non ha subito un ritorno ed investire sul capitale umano, significa avere un ritorno a medio e lungo termine. Abbiamo visto gli esempi dei lavori precari. Pertanto il mio consiglio è una multinazionale o un’azienda che offra delle buone possibilità di formazione e soprattutto di crescita ai talenti.
Alternanza scuola lavoro, quali tassi occupazionali prevede e quali sono i vantaggi e gli svantaggi?
L’alternanza scuola lavoro è uno dei miei punti fissi. Purtroppo in Italia non viene fatta bene, salvo eccezioni. Innanzitutto la scuola é spesso disconnessa dal territorio, non c’è un rapporto scuola territorio come avviene negli altri paesi, le istituzioni scolastiche sono un mondo a parte che non conoscono le esigenze lavorative e le competenze necessarie al tessuto economico del territorio. L’alternanza scuola lavoro dovrebbe essere una esperienza per trasferire nella pratica le nozioni e la teoria che si studiano nelle aule scolastiche. Ad esempio ho conosciuto ragazzi che stavano studiando per estetisti e l’alternaza scuola lavoro si è tradotta a fare fotocopie in uno studio di avvocati. Si verificano queste situazioni paradossali! Le scuole non controllano, per cui l’alternanza scuola lavoro è validissima se fatta bene, ma fatta in questo modo è una perdita di tempo e una demotivazione! E’ importante un coinvolgimento anche delle associazioni di categoria con le istituzioni scolastiche, affinchè scuole, territorio e competenze richieste siano più vicine. Una ragazza che domani farà l’estetista non può fare un alternanza scuola lavoro come biliotecaria! Qualcosa non funziona!
Donne e lavoro, quali sono le difficoltà che il mondo femminile riscontra rispetto a quello maschile ?
E’ il fenomeno del gender pay gap, diffuso anche in Europa ma nel nostro paese più accentuato. Una differenza salariale a parità di lavoro in cui la donna è retribuita meno rispetto all’uomo pur avendo le stesse mansioni. Perché questa situazione? Molte piccole e medie aziende, purtroppo dobbiamo dirlo, vedono la donna come la persona che poi andrà in maternità e magari farà meno carriera rispetto all’uomo e così investono su quest’ultimo. Le donne sono viste come “multitasking”, piene di potenzialità però molte aziende temono il problema della maternità. Ricordiamoci che l’ astensione obbligatoria per maternità viene pagata dall’Inps e l’azienda non ha un esborso economico durante tale periodo! Inoltre è prevista la sostituzione per maternità finché la neo mamma non torna in azienda dopo la nascita del bambino. L’unica situazione in cui l’azienda potrebbe sostenere maggiore costi, riguarda l’affiancamento di un’altra unità alla futura mamma prima che vada in maternità, ma non credo che le aziende vadano in fallimento per questo motivo. Ho sempre gestito aziende con alta percentuale di personale femminile e adottato la politica di affiancamento o con una nuova risorsa o con una risorsa interna in modo che la maternità non sia un “gap” funzionale. Ricordiamoci inoltre che la nostra normativa prevede il congedo “parentale” dopo l’astensione obbligatoria, cioè ne possono usufruire o le mamme o i papà nelle modalità stabilite dalla legge. In nord Europa molti papà stanno a casa, mentre da noi è la donna nella stragrande maggioranza, ad usufruirne, con tutte le conseguenze che può comportare anche in termini di carriera e di crescita professionale.
Esiste ancora, dunque, questo divario tra mondo maschile e mondo femminile sul lavoro?
Si. Soprattutto nelle piccole e medio aziende a mio parere esiste ed esiste in vari modi, tra cui quello relativo alla possibilità di far carriera…Non faccio far carriera alla ragazza, perché poi so che andrà in maternità, faccio far carriera al ragazzo, anche se è più mediocre perché so che sarà più fidelizzato. Quindi si, purtroppo esiste, anche se non dovrebbe.
Come vedono i giovani il futuro lavorativo e se vuoi e ti senti, quali consigli vorresti dare?
Innanzitutto i giovani italiani sono molto preparati. Ho lavorato negli stati Uniti e in UK e non c’è paragone soprattutto tra i nostri ragazzi ed i ragazzi statunitensi, per cui i giovani italiani che vanno all’estero fanno in generale tutti una carriera molto brillante! Il consiglio che mi sento di dare ai giovani è di fare un’esperienza all’estero e poi….. “rivendetela in Italia”! Come abbiamo visto c’è una parte di giovani meno portata alla carriera e lì sono scelte estremamente personali. Una cosa che consiglio alle famiglie e’ di cercare di ridurre il “welfare familiare” e parlo anche come padre. Mentre in Usa a sedici anni il giovane si ritrova con la valigia fuori casa e quindi deve andare a cercarsi un lavoro, da noi c’è il welfare familiare, sia perché gli stipendi sono bassi, sia perché c’è un rapporto diverso rispetto all’estero tra figli e genitori. Come padre, come docente e come direttore del personale direi di tagliare (per quanto possibile) il welfare familiare, perché i giovani sarebbero “spinti” a fare di più. E’ un peccato “ovattare” i giovani italiani, dal momento che sono molto più preparati rispetto al resto d’Europa.
Linda Tarantino
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845
Trovo che il Prof. Minelli abbia fatto una analisi veritiera della situazione lavorativa dei giovani.
E molto preparato e si sente che il suo lavoro viene fatto con grande trasporto.
Le lezioni sono piacevolissime e intrise di mille sfaccettature utili ai giovani che intraprendono i primi lavori.
Sulla base della mia esperienza, privato e pubblico sono molto simili tra loro. Indipendentemente da come uno entri, La meritocrazia e la carriera è sempre una scelta presa dall’alto. In Italia, anche le grandi aziende assumono solo per raccomandazione. Una persona che non ha brillato all’università ma che abbia un curriculum che vanta diverse esperienze anche se discontinue è più facile che superi un concorso che venga assunto rispetto a chi è stato raccomandato durante i 5 anni universitari.