Polizia locale

Polizia Municipale sul piede di guerra, Milano a un passo dalla crisi di nervi

Milano

Lo sciopero della Polizia Municipale di domenica 30 giugno ha messo in ginocchio un’area, quella dei concerti incastonata tra il Meazza e La Maura, che già non stava benissimo di suo. Il piano della Giunta per gestire l’area comprende due zone, una verde e una rossa. La zona rossa, per ovvie ragioni, esiste solo se qualcuno la presidia. A questo puntava lo sciopero. Davvero riuscito, secondo questa metrica. Così riuscito che il Siulp ne minaccia altri. D’altronde la situazione, per tutti meno che per il Sindaco, è strutturalmente grave. E lo è per svariati motivi, alcuni tecnici altri politici.

I vigili hanno sicuramente un problema di ritenzione delle nuove reclute. Questo è un problema generale di tutti i dipendenti pubblici in una città come Milano. Purtroppo, gli stipendi sono fissati a livello nazionale e questo danneggia chiunque lavori in posti con un alto costo della vita. Tipo Milano. Dove, peraltro, esistono lavori anche di minor rischio che pagano molto di più. Questo ha fatto sì che, se anche sono davvero arrivati i 500 vigili promessi da Sala, altrettanti se ne sono anche andati. Questo influisce naturalmente, a cascata, su turni e rivendicazioni sindacali. Come, ad esempio, l’età massima per le pattuglie.

Ma, se queste sono le considerazioni sindacali, ci sono dei problemi politici di fondo. Dopo il caso del transessuale che ha denunciato le presunte violenze di due agenti, l’idea di gettarli in pasto alla stampa non deve essere piaciuta a molti nel corpo. È una costante della sinistra a Milano. Il dipendente pubblico è visto come, per essere gentili, una barriera tra Procura e politica. Per essere meno gentile, qualcuno, ma non certo io, ha parlato anche di “scudi umani”. Lo abbiamo visto con la vicenda delle SCIA. E anche là la reazione è stata chiedere in massa il trasferimento.

Insomma, i motivi dello sciopero sono molti. Certo è che questa Giunta, così attenta a temi come il salario minimo e i diritti dei lavoratori (altrui) non ha nemmeno finto di mediare. E adesso ci ritroviamo con una situazione da cui può farci uscire solo il Prefetto precettando, come avvenuto in Aprile. Una sconfitta per tutti. Ma soprattutto per chi vorrebbe essere il partito dei diritti. Propri. E del lavoro. Degli altri.

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