Un convegno di Assoedilizia sul destino della città e dei suoi edifici “Bellezza e identità”

Milano

Assoedilizia ha organizzato un convegno sul destino della città e dei suoi edifici: Bellezza e identità nella città. Quali interventi per Milano Il convegno è stato introdotto dal presidente dell’Associazione Achille Colombo Clerici, che ha elencato le numerose criticità milanesi e nazionali, dalle questioni urbanistiche a quella del regime dei suoli, ha auspicato una proficua collaborazione con la pubblica amministrazione, nello spirito della milanesità.

Illuminante l’intervento del  prof. Alberico Belgiojoso (già professore ordinario al Politecnico di Milano, presidente dell’Associazione “Architetti per Milano” perché evidenzia che il dibattito su alcuni aspetti da curare per la città di Milano è d’obbligo, riprendendo quanto detto in diverse occasioni nell’Osservatorio Metropolitano e alla Società del Giardino, restituendoli questa volta in proposte di interventi specifici su Milano, sia per eventuali modifiche  alla normativa, e alle prescrizioni del PGT sia per operazioni di intervento su punti particolari con progetti. In sintesi : che si vuole per Milano e le sue singole zone?
La presenza storica di Milano, ha detto Belgiojoso, forte ma soffocata a causa della guerra e degli interventi successivi. Ma a questo tema va aggiunta la qualità urbana, superando la operazione tra urbanistica e architettura. Negli anni Sessanta-Settanta hanno cercato di capire cosa venga effettivamente percepito dagli abitanti, intervistandoli. Rilevare la città dal punto di vista di chi si muove. La visione di ogni spazio prima e dopo l’intervento. Occorre capire gli effetti degli interventi, studiando sociologia urbana, ergonomia, psicologia urbana, ecologia dell’ambiente.

Ma che tipo di città è Milano? È anche città d’arte, alla pari con le altre come Roma e Venezia ma in più è città d’arte delle trasformazioni, molto ben leggibili nel tessuto urbano. Ci sono infatti sei parti di Milano: centro storico, i bastioni spagnoli, i due allargamenti del 1897 e del 1923, la cintura ferroviaria, le grandi strade radiali e la periferia vera e propria.
Partiamo dai palazzi imperiali in via Brisa, ha detto Belgiojoso: la proposta è di costruire un’immagine che faccia vedere cosa c’era sopra i ruderi. Poi la messa in evidenza dei cardi, dove è possibile intervenire liberando alcune sovrastrutture e recuperando così le tracce romane. Terzo sistema piazza del Duomo e Diaz sono a S.Nazaro, che mette insieme le glorie architettoniche di Milano, ripulendo piazza Borges dall’arredo urbano e piazza Diaz dagli alberi. Milano ha un “museo diffuso” articolato in molte gallerie d’arte e musei che hanno il pregio di stare in uno spazio urbano (che va migliorato).  I bastioni spagnoli e i relativi caselli, impreziositi dal neoclassico austriaco e napoleonico, che hanno sostituito le porte per far pagare il dazio. Al  di fuori delle mura spagnole abbiamo una fascia esterna, esempio di sapienza urbanistica con anticipi dell’architettura del Novecento. Ogni volta che si effettua una ricostruzione i residenti se ne vanno, spinti dall’inevitabile aumento dei costi e dei prezzi.
Altri due periodi fondamentali sono stati le grandi annessioni (1873 e 1923). L prima ha assorbito i corpi santi. La cintura ferroviaria, degradata per incuria delle Ferrovie, va restaurata dalle Ferrovie stesse con la riapertura delle arcate e l’eliminazione delle pubblicità sui ponti (almeno bloccando subito le nuove) e va restaurata dalle Ferrovie stesse. La presenza ferroviaria è uno spettacolo, e proponiamo un bar-ristorante panoramico per vedere il movimento dei treni e un vincolo della soprintendenza sulla cintura ferroviaria.
Le grandi radiali vanno utilizzate bene e riqualificate.
La periferia è costituita da cose molto diverse: vecchi borghi, nodi d’interscambio, scali ferroviari, zone agricole, edifici industriali abbandonati.
Milano ha una fascia intorno: valorizzando i nodi d’interscambio e le stazioni dei mezzi pubblici, proteggendo i centri storici per diventare una città più grande e con più di un centro. A Baggio, per esempio, ci sono tesori da recuperare e in via Porpora ci sono edifici di Portaluppi, Giò Ponti e Muzio. Quartieri che vanno protetti e non semplicemente invasi. Milano nel Novecento era capitale d’Europa per l’architettura, ha concluso Belgiojoso.

Significativo Giampio Bracchi (presidente emerito della Fondazione Politecnico di Milano) che si è chiesto cosa sarebbe l’Italia senza la sua storia e le sue bellezze ma ha richiamato l’attenzione su Milano: una città, secondo Bracchi, dove il forte sviluppo economico ha creato una serie di difetti, come un modello centripeto e radiale come ha detto Belgiojoso. Ma ora la situazione è cambiata: ora è al centro di un’area che serva uno spazio molto più grande della Lombardia, in gran parte si tratta di attività immateriali: servizi amministrativi, informatici, consulenziali. Il 70% delle sedi dei fondi sono nel raggio di 1 km. Abbiamo più di 200mila studenti, siamo nelle 20 maggiori città universitarie mondiali. Per non parlare della moda e delle start up: in questo settore non primeggia ancora ma il distretto della Bovisa con Tef, con l’obiettivo di ospitarne almeno 1000, potrebbe lanciarla tra le prime dieci città europee per presenza di start up.
Dal 1923, ha poi ricordato Bracchi, non abbiano più fatto accorpamenti dei Comuni intorno a Milano ma è importante che restino nuclei di identità locali. Del resto gli accorpamenti del 1923 non hanno fatto molto bene a Baggio o all’Ortica, trasformandoli in anonime periferie. Certo paghiamo caro in termini di mancato sviluppo dell’integrazione e dei mancati collegamenti ma la diversità va conservata.

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