Anche questa sera, spinto dalle continue richieste, ho cercato di portare dei messaggi a quelle ragazze che vivono nel bosco a #Rogoredo, sperdute e spesso dimenticate.
Sono messaggi che portano con sé tutto il peso del dolore e della speranza: parole di familiari e amici che non si arrendono, che pregano affinché le loro figlie, madri, sorelle, amiche trovino la forza di riprendere in mano la propria vita e tornare a casa. Ogni volta che consegno questi messaggi, mi trovo di fronte alla disperazione più cruda, quella che sembra non lasciare scampo. C’è la figlia che, da tre mesi, mi prega di dire alla sua mamma di tornare a casa. E poi, stasera, c’era anche quella ragazza giovanissima, a cui ho fatto ascoltare in quell’audio le parole affettuose dei suoi amici. Vedere il dolore nei suoi occhi, quel pianto silenzioso che le scendeva sul viso, è stato devastante. Era come se l’anima le parlasse e la trattenesse allo stesso tempo, un’ombra che ancora la frena. Ma in quello sguardo velato dalle lacrime, ho intravisto una piccola luce, un segno quasi impercettibile, forse il germoglio di un desiderio di cambiare. Credetemi, dopo questa sera, sento che qualcosa dentro di lei potrebbe cambiare. È una speranza fragile, ma preziosa. E in fondo al cuore, mi aggrappo all’idea che questo possa essere l’inizio di un percorso, il primo passo verso un ritorno, verso una vita nuova e diversa.
Simone Feder- psicologo e volontario
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