Niente sgombero al Leoncavallo: quando l’abusivismo e l’illegalità diventano un diritto

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La farsa si è ripetuta per la 130esima volta, un vero record che, a pensarci bene, suona come un solenne fallimento delle istituzioni.

L’ufficiale giudiziario arrivato in via Watteau a Milano ha consegnato ai responsabili dello Spazio Pubblico Autogestito i documenti relativi allo sfratto del centro sociale Leoncavallo. “Non seguiranno ulteriori comunicazioni” è stata l’unica frase dell’ufficiale giudiziario che ha quindi rimandato al 19 marzo le operazioni che il presidio è riuscito a far posticipare. Nessuna dichiarazione è stata rilasciata in merito né dagli operatori del Tribunale, né dalla struttura.

Il capovolgimento dei diritti e delle regole nelle parole del fondatore del Centro Sociale che azzera il sacrosanto  diritto alla proprietà privata, con supponenza sublima 20 anni di abusivismo come necessità pubblica, ignora volutamente gli intrighi commerciali e fa apparire come una associazione salvifica quella degli appartenenti.

Non c’è un tavolo allo stato dell’arte del Comune di Milano e questo presidio serve anche per richiederlo. Sembra surreale che in una città che ha visto velocemente crescere grattacieli nei cortili stiamo ancora discutendo del Leoncavallo, dei centri sociali e degli spazi pubblici milanesi”. Lo ha detto Daniele Farina dello Spazio Pubblico Autogestito e storico portavoce del centro sociale Leoncavallo durante il suo intervento al presidio contro lo sfratto organizzato ieri mattina in via Watteau. “Questo è un luogo che per 30 anni ha conservato una caratteristica ormai rara a Milano: l’uso pubblico, l’uso collettivo, un valore non privato”.

“Leggo che c’è già un centrodestra scatenato – ha proseguito Farina – sull’ipotesi di un trasferimento di questo luogo. Sono gli stessi protagonisti che ricordo io quando avevo i calzoni corti, direi che sono robe veramente passate, argomentazioni ormai inconsistenti che non si rendono conto che la città è profondamente cambiata: oggi c’è bisogno a Milano di spazi e libertà e invece procediamo per zone rosse, perimetrazioni, prezzi inaccessibili. Questo presidio ha lo scopo di impedire uno sfratto ma anche di indicare una prospettiva diversa”, ha concluso Farina.

Aspettando Sala, quindi, un tavolo qualsiasi che premi irregolarità e abusivismo con una sede dello stesso comune. Senza vergogna.

Le ultime notizie, dopo una riunione presieduta dal prefetto Claudio Sgaraglia, alla quale ha partecipato anche l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, sembravano aver portato il Comune di Milano ad aver individuato una proprietà di Palazzo Marino, in via San Dionigi. Un fabbricato che però dovrebbe essere oggetto di bonifica per la presenza di amianto. La ricerca di una soluzione alla questione del centro sociale di via Watteau – lo sgombero è stato rinviato 130 volte in una ventina d’anni – è tornata d’attualità dopo la sentenza della Seconda sezione del Tribunale civile di Milano che ha condannato il Viminale a risarcire tre milioni alla società “L’Orologio srl” del gruppo Cabassi, proprietario dell’immobile a Greco.

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