Milano 14 Giugno – Sarà contenta Rosy Bindi, anche se per la maggior parte di costoro non è in vista alcuna candidatura politica.
Eppure è la lista di «impresentabili» del Pd che emerge, giorno dopo giorno, dall’intricatissima vicenda di Mafia Capitale. Tanto intricata, nelle sue ondate di intercettazioni, da far perdere il filo. Si stenta a tenere il passo. Sulla cruciale vicenda dell’impresentabilità del sindaco Marino e del governatore Zingaretti si finisce così vittime dell’ultimo piacione visto in tv, quello che dice: come facevano a sapere?
La responsabilità politica non è quella giudiziaria: per cui spereremo che ognuno dei coinvolti nell’inchiesta possa dimostrarsi innocente, e presumiamo che ciascuno dei vertici legittimamente affermi: «E con ciò? Non sapevo nulla. Potevo non sapere». Presunzione che negli ultimi trent’anni, per la verità, non ha avuto molto successo. Fa niente: noi ci crediamo.
IL PASSATO DI MAFIA CAPITALE
C’è un passaggio, nella montagna di carte dell’inchiesta, che viene dimenticato. «Negli ultimi 25 anni società cooperative gestite da Buzzi hanno partecipato con successo alle gare di appalto indette dall’amministrazione capitolina…». Dalla fine degli anni Ottanta, ma in particolar modo dalla grazia ottenuta nel ’94 e fino al 2013, gli affari di Buzzi crescono in modo esponenziale. Dunque attraversano, con entità di fatturato diverse, le giunte Rutelli, Veltroni, Alemanno e Marino. Se la lobbing di cui gode la Coop 29 Giugno viene creata poco alla volta, allargandosi a dismisura, i metodi sono sempre gli stessi. Non è che Buzzi si trasformi in un gangster con Alemanno, per dire, e fosse un galantuomo con Rutelli e Veltroni.
IL FUTURO DI MAFIA CAPITALE
Questo è soltanto l’inizio, lo dicono in tanti. Molti temono (o sperano) che sarà uno tsunami politico. Ieri lo scrittore Roberto Saviano ricordava che «questo era il lato che riguardava la burocrazia, la politica e la gestione dell’immigrazione, ma mancano ancora tutti gli altri passaggi: in particolare, mancano ancora sanità e cemento». Sapendo che Roma è stata governata dal Pci-Pds-Ds-Pd per 25 degli ultimi trent’anni, si possono trarre agili conclusioni.
LE «FILIERE» POLITICA-AFFARI
Buzzi aveva trovato nel capo di gabinetto di Veltroni, Luca Odevaine, una spalla meravigliosa. Ma gli uomini che via via si prestano al raggiungimento degli obbiettivi non spuntano dal nulla come funghi. Sono al 70 per cento la dorsale romana del Pd, per la maggior parte ereditata da quella del Pci. Dei politici del Bottegone che dettavano legge è rimasto soltanto uno: Goffredo Bettini, che peraltro dall’inchiesta emerge sempre come Mastro Lindo. Eppure suoi fedelissimi sono Cosentino, Ferrante, D’Ausilio, Ozzimo e Coratti. Addirittura del vecchio Pci erano Magrini e Marroni padre. Lo stesso Marino-sindaco è un’invenzione di Bettini in un momento di non particolare entusiasmo del Pd a Roma. Lo stesso discorso può valere per l’intera filiera delle Coop, il cui presidente era l’attuale ministro Giuliano Poletti. E, in pari misura, per l’erede designato del kingmaker romano, Nicola Zingaretti. Oppure persino per la deputata pd Micaela Campana, ex moglie dell’inguaiatissimo Ozzimo, ma promossa anche nella segreteria nazionale renziana, e in ottimi rapporti con Luca Lotti, braccio destro del Capo. Ciascuno di essi «poteva non sapere». Guardava altrove, parlava d’altro.
Roberto Scafuri (Il Giornale)
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