Quel muro sbrecciato, ferito dal tempo è la mia vita

Approfondimenti Le storie di Nene

Milano 1 Giugno – Ritorno, quando posso, quando il colore del tempo ha la ruggine della nostalgia, quando il suono del cuore mi graffia, per risentire la gioia di me bambina, nel mondo di folletti che cantavano solo per me. E rivivo i giorni dell’incanto, quando parlare con un pavone era scoprire l’arcobaleno, quando il sole rideva nei campi di girasoli, quando un muro sbrecciato, ferito, rispondeva alle infinite domande sulla vita, sull’amicizia, sulla speranza.

Un muro, la facciata di sassi di una casa qualunque, che conserva la dignità di un tempo, l’edera a divorare un angolo, le glicini ad arrampicarsi fino alla finestra della camera dove dormivo i sonni della mia infanzia.

Un tentativo di restauro improvvisato aveva  colorato di rosa una parte della parete e lì potevo giocare con la palla che rimbalzava avanti e indietro, con esercizi sempre più difficili, per imparare ad essere abile e reattiva, quasi fosse la vita. E lì ho imparato a sfidare le difficoltà da sola, per il piacere della sfida, per l’appagamento di essere brava. Non avevo compagne di giochi, raramente un’amica con la sua bambola di pezza scambiava il tempo con me ed erano momenti di grande euforia, quando,  nascoste là dove il muro creava un anfratto, raccontavamo i nostri segreti, come fanno le “signore” quando si incontrano e parlano un po’ di tutto, per il piacere di raccontare. Era una bambina dolce, un’amica che rimpiango anche oggi, gli occhi sgranati perennemente di stupore, con la fame insaziabile della povertà. E una fetta di pane con la marmellata era un premio e la complicità di un momento felice.

Quelle pietre avevano sfidato la guerra, avevano custodito momenti dolorosi e gioiosi, baluardo di sogni e speranze, con la solidità e la sicurezza di chi ha attraversato il tempo facendo il suo dovere. E oggi sussurrano il respiro di un pezzo della mia vita mai dimenticata

Questa è la storia di Valentina.