Milano 30 Giugno – Al “Mercatone Rozza (la ex Darsena, soprannominata così dai residenti dopo la ristrutturazione voluta dall’assessore Carmela Rozza, che ha trasformato l’atmosfera ottocentesca del porto delle nebbie di Milano in un banale non luogo di periferia, con annesso suk di clandestini che vendono chincaglieria cinese) tra poco assisteremo alla inaugurazione della “promenade dell’odio”. La prima tra pochi giorni.
Le famiglie in lento passeggio nel Mercatone gusteranno, dipinto sullo sfondo del bacino, un enorme affresco in stile Arancia Meccanica con un orco munito di cresta da mohicano e con ghigno spaventa bambini, il famoso Dax, e, accanto, uno slogan misterioso: Dax Odia Ancora. E perché?
Pubblicità di un horror film sugli zombie? Ma chi sarà mai questo Dax? Un detersivo? Un concorrente dell’Uomo in ammollo, o di Mastro Lindo, come qualche ingenua massaia potrebbe pensare. E cosa odierà mai Dax? lo sporco ? i microbi annidatisi nel biancore delle lenzuola nel prelavaggio?
Macchè, la riesumazione del graffito social di “Dax odia ancora” sarà uno dei fiori all’occhiello della politica culturale della giunta di Pisapia. E gloria al suo autore, tale Ozmo, il writer al secolo Gionata Gesi altresì noto come il Giotto del Leoncavallo e il Caravaggio dei centri sociali, che lì lo aveva dipinto prima della trasformazione della Darsena in Mercatone Rozza, nel 2009.
Siamo perciò in grado di svelare i retroscena dell’importante vernissage che vedrà tra le papere del Naviglio riuniti la nomenklatura del graffito, l’ingellighenzia dei centri sociali e la illuminata giunta di Pisapia.
Recentemente la giunta milanese ha infatti dato in concessione a un nutrito gruppo di writer riuniti in lobby 100 spazi da riempire con il graffio allo spray. Un enorme muro di cento metri è già stato predisposto per accogliere l’inno all’Odio e agli anni di piombo, che il Mercatone Rozza ospiterà in eterno: l’affresco Dax odia ancora.
Ma di che si tratta?
Il murale “Dax odia ancora” rievoca una rissa avvenuta tra balordi di periferia nel lontano 2003 sui Navigli, rissa degna di una West side story meneghina: nel barrio del Ticinese, il branco di Dax una sera incrocia il branco dei fratelli Morbi, una band di ligera “neri”. Oggetto della rissa: il cane di nome Rommel di uno dei fratelli Morbi. Il cucciolo viene sbeffegggiato da Dax, uno “rosso”, che finisce accoltellato dal padrone di Rommel. Dax defunge.
Dax faceva parte della ciurma dei centri sociali, ma aveva precedenti e gusti politici opposti. Faceva parte del servizio d’ordine della Fiamma Tricolore. Insomma, era un fascio, nero nero. Come fasci di periferia sottoculturale (niente a che fare con dandy di Casapound) erano i fratelli Morbi. Ma il fattaccio venne subito strumentalizzato dai centri sociali, e il processo contro gli accoltellatori (tra l’altro vide presente come avvocato Giuliano Pisapia, che dal 68 in poi ebbe sempre il vizietto dell’antifascismo militante). E la banale seppur deplorevole rissa tra balordi di periferia con mazzate e coltellate viene rivenduta dai mass media zerbino come un fulgido esempio di antifascismo militante e come tale trasformata in graffito.
Nel 2007 un primo affresco inneggiante a “Dax odia ancora” venne vergato da Ozmo, sui muri del Leoncavallo; tuta bianca, rullo, prolunga e pittura al quarzo, il writer Ozmo da anni era al lavoro sui muri di Milano.
Ozmo, il Giotto del Loncavallo, con i writer Abominevole, Microbo, Bros, Ivan e altri Maestri dello Spray affrescava muri e pareti, dissacrava la cultura della tela, polemizzava con Brera e la storia dell’arte: la lobby di Ozmo sembrava sul nascere una pura Confraternita del Graffito, ma presto si accaparrò notevoli commissioni dal mondo commerciale: Eni, Campari, Tim, Moleskine, Consorzio Francia Corta. Ozmo incantava la Milano del design con frasi di questo genere: “la component di ribellione e vandalismo è importante: ho iniziato facendo i treni di notte in Versilia, una volta la Pula ha estratto la pistola sgommando poi in stile Miami. A Berlino sono stato in prigione una notte.” Ecc. ecc. Applausi dai creativi delle agenzie di pubblicità.
Da allora Ozmo è gettonatissimo da note griffe, fiondano commissioni e persino una lauda di Sgarbi che considera il “Dax odia” di Ozmo cancellato dal perfido De Corato nel 2007, una specie di esempio di moderna Cappella Sistina. Incoraggiato, Ozmo rifece il suo affresco su un muro alla Darsena. Fino all’epilogo. Dax odia venne di nuovo cancellato. Questa volta dalla giunta amico di Pisapia: ”Il Comune precisa che l’intonaco del murales era danneggiato irrimediabilmente e che sono già stati presi accodi con i writer per un nuovo graffito a fine lavori.” Parola del Corriere della Sera, 23 dicembre 2014.
Ora Ozmo e la sua lobby passano all’incasso. Dax lo spaventabambini risorgerà tra poco sui muri del Mercatone Rozza, come uno zombie mohicano dalle nebbie del passato mentre i fratelli Morbi si sono cuccati qualcosa come 14 anni di cayenna.
Uno spot gratuito alla violenza, una prospettiva dell’odio, fino alla prossima tornata elettorale: e come il ba bau di Buzzati, ci ricorderà di vecchi slogan della Milano post moderna, del cane Rommel e delle bevute generose della “punkabbesteria” del Ticinese che tutti vorrebbero dimenticare.