Scissione in casa Hamas?

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Milano 3 Luglio – 70 persone, per lo più soldati egiziani sono stati uccisi mercoledì nel nord del Sinai, in una serie di attentati rivendicati dall’Isis.  “I leoni del califfato hanno attaccato simultaneamente oltre 15 posti di blocco dell’esercito apostata”, ha detto il portavoce del gruppo jihadista in una dichiarazione rilasciata su alcuni social network, aggiungendo che tre attentatori suicidi sono stati coinvolti negli attacchi. Questo è un altro duro colpo inferto all’ esercito egiziano in questa regione del paese che confina con Israele e Gaza ed è una roccaforte di Ansar al-Beit Maqdess affiliato all’Isis e che sta moltiplicando gli attentati dalla cacciata del presidente dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi nel 2013.

Dopo l’assassinio del procuratore generale d’Egitto, vittima di un attentato dinamitardo contro il suo convoglio al Cairo, avvenuto lunedì, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi, ex capo dell’esercito che ha sconfitto Mohamed Morsi, ha promesso una legislazione più severa in materia di  lotta contro il terrorismo.

Secondo i funzionari di sicurezza egiziani, 38 combattenti jihadisti sono stati uccisi durante gli attacchi di mercoledì, mentre altri 15 soldati egiziani sono stati uccisi in un attentato con autobomba contro un posto di blocco dell’esercito vicino ad Al Arish.

Dopo gli attacchi,  sono iniziati violenti scontri a fuoco tra i soldati ed i terroristi che avevano persino minato le vie di comunicazione per impedire l’arrivo delle ambulanze e dei rinforzi. L’esercito egiziano, quindi, ha inviato in supporto dei suoi uomini elicotteri Apache per combattere i jihadisti, avendo alla fine la meglio contro i terroristi islamici.

I caccia F-16 dell’esercito egiziano hanno anche bombardato le posizioni dello Stato jihadista nella penisola del Sinai.

Ansar al-Beit Maqdess aveva chiamato un mese fa i suoi sostenitori ad attaccare i giudici, in risposta all’impiccagione di sei terroristi dei Fratelli Musulmani condannati per aver effettuato attentati in nome del gruppo: il 12 aprile, 14 persone, per lo più soldati e poliziotti sono stati uccisi in due attentati rivendicati da Ansar al-Beit Maqdess nel nord Sinai mentre il 2 aprile, un attentato ha ucciso 15 soldati e due civili.

Ministro dell’intelligence di Israele, Israel Katz, ha accusato Hamas di partnership con gli affiliati dello stato islamico nel Sinai egiziano, un’accusa sempre negata dal gruppo terroristico palestinese.

“Vi è la cooperazione tra i due gruppi terroristici in merito al contrabbando di armi e all’organizzazione di attentati terroristici. Gli egiziani e i sauditi lo sanno” ha dichiarato Katz  in una conferenza a Tel Aviv organizzata dalla difesa israeliana.

Ma dal Medio Oriente non trapelano solo queste notizie: l’Isis ha minacciato di trasformare la Striscia di Gaza in un altro dei loro feudi del Medio Oriente, accusando Hamas di non essere sufficientemente severa circa l’applicazione della legge religiosa.

La dichiarazione del portavoce dello Stato Islamico è stato il giro di vite per i terroristi di Gaza che si oppongono alla tregua nella loro guerra contro Israele e si oppone  alla riconciliazione con la fazione di Al-Fatah.

“Noi sradicheremo Israele e Fatah e tutti i laici” ha detto un membro mascherato appartenente allo Stato islamico nel messaggio indirizzato ai loro colleghi di  Hamas.

“La sharia sarà attuata a Gaza. Noi giuriamo che ciò che sta accadendo nel Levante oggi, e in particolare il campo di Yarmouk, succederà a Gaza”, ha concluso il terroristica dell’Isis, riferendosi ai progressi dello Stato Islamico in Siria, e soprattutto nel quartiere di Damasco fondato dai palestinesi.

Quindi è ovvio che in seno ad Hamas vi è uno “zoccolo duro” che vorrebbe riaprire le ostilità contro Israele e che è in contrapposizione con parte dell’attuale dirigenza del gruppo terroristico operante a Gaza. Uno zoccolo duro maggiormente legato all’ideale dello Stato Islamico e che conta in un’alleanza con esso per poterne sfruttare la forza di fuoco nel vano tentativo di distruggere Israele.

Fatto sta che Hamas ed Isis trovano in Turchia ed in Qatar i loro protettori nonché maggiori finanziatori, pertanto queste minacce dell’Isis non saranno un monito di Ankara e di Doha nei confronti di un gruppo dirigente che, nonostante  i miliardi fino ad ora stanziati, ha sempre clamorosamente, fallito militarmente?  Oppure è l’inizio di una scissione tra coloro che vorrebbero continuare in solitaria la loro guerra contro Israele ed un’ala più legata alla sharia e più propensa a cedere Gaza allo Stato Islamico? Ma nel secondo caso non si consegnerebbe Gaza all’occupazione di un “esercito” straniero, di uno “stato” straniero composto da cittadini e miliziani provenienti da vari paesi e quindi stranieri?  Coerenza palestinese.

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