Milano 3 Giugno – L’Iran li ha posizionati su un tavolino all’ingresso e ha deciso di puntare sul self-service: i visitatori che vogliono il timbro del Paese sul proprio “Passaporto Expo” se lo possono timbrare da soli. La Cina, invece, ha una macchina rodatissima: un impiegato seduto su un tavolino all’uscita del padiglione, sotto un ombrellone, che timbra veloce ed efficiente sia i passaporti che le mappe che gli sfilano davanti. Il Brasile concede il suo timbro solo a chi entra nel padiglione, ma non occorre fare la fila (chilometrica) per la rete sospesa: basta salire al secondo piano per trovare lo stand apposito.
Esaurita la moda dei selfie con l’Albero della vita sullo sfondo, ormai archiviata la caccia al luogo più conveniente dove mangiare, ora l’ultimo trend all’Esposizione universale è quello di collezionare timbri. Sulle mappe, sulle agende ma soprattutto sul Passaporto di Expo Milano 2015, in vendita a 3,50 euro nel negozio Excelsior all’ingresso del Decumano.
Il souvenir perfetto, insomma: 24 pagine da riempire con i timbri dei diversi padiglioni e una taschina nell’ultima pagina dove conservare il francobollo ufficiale. Non una novità, a dire il vero. Ogni Esposizione ha il suo Passaporto ad hoc, e anche per l’edizione milanese al BIE (il Bureau International des Expositions, l’ente sovranazionale che si occupa dell’organizzazione degli Expo) erano certi che avrebbe funzionato. Ha funzionato così bene che anche alcuni paesi ospiti dei cluster, come l’Algeria, si sono dotati di timbro. Ma tant’è: anche se lo stand è piccolo lo spazio per un timbro si trova sempre. Però non tutti i paesi hanno aderito (la Francia, per esempio, non ce l’ha) ed alcuni sono ancora in ritardo (come la Colombia, che ha fatto modificare il logo in corsa). Ad altri ancora l’idea è piaciuta al punto da realizzarla in autonomia. Come ha fatto l’Angola, che ha realizzato una sorta di depliant sul Paese a forma, guardacaso, di passaporto. Greta Sclaunich (Corriere)
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