L’85% degli Ospedali sono al fresco, ma spesso con un fai da te che non garantisce i cambi d’aria

Scienza e Salute

Milano 8 Luglio – Caldo e afa fuori, ma pazienti e medici al fresco nel reparto. Non tutti però grazie ad impianti di aria condizionata nuovi ed efficienti, che permettono temperature fisse di 26 gradi centigradi e un’aria filtrata in maniera asettica, lo standard imprescindibile per spazi sensibili come le strutture ospedaliere. “E’ questo lo scenario per l’85% dei reparti di degenza degli ospedali italiani: per due su tre abbiamo sistemi che garantiscono il condizionamento degli spazi, mentre nel rimanente ci sono dispositivi mobili o semi fissi (split residenziali) simili a quelli che si usano a casa. Un ‘fai da te’ che non garantisce gli stessi standard di fresco e ricambio d’aria”. A spiegarlo è l’ingegner Sergio La Mura, responsabile del comitato tecnico sanità dell’Aicarr, l’Associazione italiana condizionamento dell’aria riscaldamento e refrigerazione.

La Mura ha monitorato per l’Adnkronos Salute, in questi giorni di grande caldo, la situazione di un gruppo considerevole di nosocomi e strutture pubbliche sul territorio italiano. La maggior difficoltà per le aziende sanitarie durante l’estate “è mantenere e controllare la temperatura ad un livello accettabile nei corridoi, negli spazi comuni o nelle salette d’attesa – prosegue l’esperto, docente a contratto di Impianti al Politecnico di Milano – è qui che si gioca la partita tra gli impianti di condizionamento e quelli di raffrescamento: nel primo caso non ci sono grossi problemi ad avere un clima gradevole quando fuori si superano i 35 gradi, mentre con i dispositivi mobili (tipici del raffrescamento) si può riuscire solo a far sentire leggermente meno l’afa a pazienti e familiari in visita nei reparti”.

Non è proprio insolito, quindi, trovare ancora oggi negli ospedali italiani degenti e operatori sanitari che boccheggiano o reparti con aria fredda a singhiozzo: solo pochi giorni fa Pietro Sbardella, consigliere della Regione Lazio, ha postato sulla sua pagina Facebook una denuncia sull’emergenza caldo negli ospedali romani.

“Si parla tanto di emergenza caldo in questi giorni, ma si dovrebbe iniziare proprio dagli ospedali di Roma. Mi sono arrivate – ha sottolineato – diverse segnalazioni di operatori e pazienti del Policlinico Umberto I secondo cui in alcuni reparti si boccheggia per il caldo. Non sarà un problema del solo Policlinico. La cosa assurda, e mi auguro non accada, è che ci si sente male per un colpo di calore in strada e poi si arriva in ospedale, dove la situazione è ancora peggiore”.

Umanizzare le cure è anche rendere durante i mesi più caldi la permanenza di un paziente ricoverato più sopportabile: essere malati e sudare per il caldo nella stanza o nel corridoio oltretutto può comportare rischi per i pazienti. “Il costo del condizionamento, ma sarebbe meglio dire del sistema energetico dell’ospedale, quindi caldo-freddo – osserva La Mura – ha un peso intorno al 5% sul bilancio di un’azienda sanitaria o di un nosocomio”. Ma non si tratta di un problema solo italiano. “In Ue abbiamo anche l’esempio di Paesi come il Portogallo dove è difficile trovare una struttura che ha l’aria condizionata, ma queste sono scelte esclusivamente economiche”.

Uno dei problemi da superare “è l’assenza di regolamentazione sul condizionamento per le degenze in ospedale – osserva l’esperto – mentre la qualità dell’aria e la sua salubrità dovrebbero essere delle priorità per tutti. Ci sono esempi in Italia di strutture molto efficienti da questo punto di vista, come il Policlinico di Parma, ad esempio”. Un ostacolo al miglioramento potrebbe essere legato all’età delle strutture pubbliche? “E’ chiaro che se l’edificio ha cento anni è più difficile installare un grande impianto – chiosa l’ingegnere – ma se c’è la volontà si può assolutamente fare”. (Adnkronos)

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