Milano 9 Luglio – Durante le prime fasi della crisi Greca qualche autoproclamatosi esperto di geopolitica (probabilmente dopo dieci minuti di videocorso su Youtube) pontificava che a salvare la Grecia ci avrebbe pensato la Cina. Erano, ovviamente, tutte baggianate. La Cina aveva ed ha qualche piccolo problema in più da risolvere nel suolo natio. Iniziamo dal principio, ovvero da cosa si è fatto per uscire dalle secche del 2008. Tutti i maggiori paesi con facoltà di stampare, alle prese con i titoli tossici hanno stampato la propria uscita dalla crisi. Consentitemi una semplificazione: con i derivati le banche avevano in pancia una grossa bolla, vuota all’interno, che stava crollando su se stessa. Non è scoppiata subito, si è sgonfiata. Se la si fosse lasciata fare avremmo perso tutti molto di più, ma avremmo evitato problemi di lungo termine. Invece le banche centrali hanno fatto quello che fanno sempre, hanno acceso la stampante. Questo ha gonfiato UN’ALTRA bolla per tenere in piedi la prima consentire, nella visione ottimistica degli economisti, di aspettare che l’economia reale crescesse abbastanza da riempire le due bolle. Questo non è successo. Non ci si è andati nemmeno vicini. In compenso la bolla fatta di denaro venuto dal nulla ha continuato ad espandersi. Ma non in maniera omogenea. In alcuni luoghi ha galoppato. A Shangai, per esempio, la Borsa era arrivata a collezionare un +150%, in soli dodici mesi, si badi bene. Fino a quando, qualcuno, ad inizio Giugno ha deciso che realizzare poteva essere una buona idea.
Nel film The Wolf of Wall Street, all’inizio, il mentore di Di Caprio, spiega al protagonista che l’obiettivo del broker è portare il cliente a reinvestire il guadagnato, perchè se realizza il sogno si frantuma. Subito dopo, ovviamente, qualcuno realizza e la Borsa crolla. Mutatis mutandis, in Cina è successo lo stesso, e da inizio Giugno si è perso il 35% della capitalizzazione. Da noi, con il caso Grecia ed i crolli dell’ultimo periodo, è andato in fumo l’8%. Tanto per farci due conti ed un paio di paragoni. Al momento la crisi pare abbastanza regionale, né Wall Street né le Borse Europee hanno sconto troppo durante l’urto. A meno che non si sia data troppa rilevanza al caso Atene, imputando a Varoufakis anche le colpe di Pechino. Di certo, però, la cosa non resterà a lungo senza conseguenze. Di sicuro brucia nell’orgoglio Cinese l’idea di essersi fatti fregare come degli Americani qualsiasi da un “boom-burst” (gonfia ed esplodi) squisitamente capitalistico. Anche se, forse, dovremmo domandarci se ci sia qualcosa di capitalistico in tutto questo.
Di solito si scarica su capitalismo e liberismo (vetero o neo) la colpa di questi tsunami finanziari. Il che è assolutamente comico. La causa di tutto è una stampa eccessiva di denaro, che porta a prendersi rischi spropositati, spinti dalla fretta di investire generata dalla spinta inflazionistica. Con l’inflazione il denaro fermo è velenoso, va fatto girare il più velocemente possibile. Per questo si inseguono i rendimenti maggiori ed i realizzi più veloci. Il che esclude l’economia reale, ma gonfia i listini azionari. I rendimenti salgono, i volumi anche, sempre più soldi vengono stampati per sostenere la richiesta delle banche ed i prezzi vanno su. Finchè qualcuno non realizza. A quel punto rintocca la mezzanotte e la carrozza torna zucca. Ed il cretino che l’aveva pagata come mezzo di locomozione di lusso fallisce. Ecco, per il liberismo la stampa inflazionaria, la moneta fiat e finanche le Banche Centrali sono il Male Assoluto. Qualcuno mi spiega come può essere colpa sua questo delirio? Spegnete la fotocopiatrice, destituite Mario Draghi, cacciate i pianificatori centrali e vedrete che di questi porcai non resterà nemmeno la puzza.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,