Milano 13 Luglio – Due giorni fa la commissione Affari Costituzionali ha dato il via libera alla riforma della pubblica amministrazione, che ora passerà al vaglio dell’aula di Montecitorio. Tra gli ultimi emendamenti approvati dalla commissione, vale la pena segnalare quello proposto da Andrea Mazziotti, deputato di Scelta civica, per «semplificare l’esercizio delle funzioni pubbliche, secondo criteri di trasparenza, efficienza e non duplicazione». L’emendamento riprende una proposta di legge elaborata qualche mese fa dall’associazione “Giardino dei semplici” , che parte da un presupposto molto semplice, eppure quasi mai tenuto in considerazione durante questi mesi di discussioni sul decreto-Madia: qualunque riorganizzazione della pubblica amministrazione non può prescindere dalla revisione della spesa corrente. E viceversa.
L’emendamento interviene sull’articolo 7 del disegno di legge presentato dal governo, imponendo a tutte le amministrazioni pubbliche (statali e locali, enti accessori e società partecipate incluse) di inviare una relazione al Parlamento contenente l’elenco dettagliato di tutte le competenze, le funzioni esercitate e le procedure gestite. Inoltre, in tale relazione ogni amministrazione dovrebbe descrivere l’entità e le funzioni dei propri uffici, indicare i dirigenti responsabili e fornire i dati statistici relativi a tutte le attività istituzionali svolte. Così facendo, l’emendamento punta a effettuareuna ricognizione completa del vastissimo apparato pubblico italiano e delle sue funzioni, secondo benchmark standard e, di conseguenza, dati comparabili.
Secondo l’obiettivo che si propone di raggiungere l’emendamento, la ricognizione vincolante della pubblica amministrazione nel suo complesso potrebbe condurre, in primo luogo, a migliorare la produttività nell’erogazione dei servizi, l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa. Ma il punto fondamentale è il secondo: una ricognizione complessiva della pubblica amministrazione potrebbe consentire dieliminare procedimenti inutili e duplicazioni di funzioni e competenze, che – inutile dirlo – sono purtroppo molto comuni.
L’emendamento richiede alle stesse amministrazioni di proporre piani di ristrutturazione, sul modello della proposta di legge elaborata dal “Giardino dei semplici”. Questi possono riguardare, a titolo esemplificativo, l’indicazione delle funzioni da mantenere e di quelle ritenute superflue ai fini della propria operatività, dei livelli qualitativi da raggiungere, dell’ottimizzazione del numero di centri decisionali e dei risparmi di spesa che potrebbero interessare l’ente di riferimento. Tali piani dovrebbero poi essere valutati da una commissione parlamentare istituita appositamente con lo scopo di pervenire alla riorganizzazione globale della macchina amministrativa.
Si tratta, com’è ovvio, di un progetto assai ambizioso. In un Paese dove nessuno conosce con certezza il numero delle pubbliche amministrazioni esistenti, pensare di procedere alla loro ricognizione sembra arduo. Per non parlare del tentativo di convincerle a proporre dei piani di ristrutturazione che coinvolga i loro stessi uffici o quelli appartenenti agli enti dello stesso organismo territoriale. Definire folle un’idea simile è un eufemismo. Tuttavia, prima o poi bisognerà provarci. A maggior ragione in un Paese dove la spending review o l’introduzione di criteri di meritocrazia all’interno degli apparati pubblici vengono visti come attacchi frontali al welfare state o al principio di uguaglianza, cercare di coinvolgere le singole amministrazioni in un processo globale di ristrutturazione che abbia come centro il parlamento – invece che il governo o, ancora peggio, un commissario esterno – potrebbe costituire un primo passo verso una pubblica amministrazione più snella ed efficiente. Certo, un impianto istituzionale federale strutturato correttamente (cioè in cui alle spese sostenute all’interno delle regioni corrispondessero pari responsabilità finanziarie in capo a queste ultime) avrebbe potuto rivelarsi decisivo in un progetto di ricognizione di enti e spese correlate. Ma chissà che, con un sistema di controllo credibile e la previsione di sanzioni adeguate in caso di inadempimento, il meccanismo – se mai vedrà la luce – possa funzionare. Giacomo Lev Mannheimer (LeoniBlog)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845