C’era una volta…tra fiaba e realtà attuale

Approfondimenti Società
Milano 14 Luglio – Quando da piccoli ci raccontavano le fiabe, iniziavano sempre con la frase “C’era una volta” e finivano con “e vissero felici e contenti”, ma erano sempre e soltanto narrazioni caratterizzate da racconti che riguardavano avvenimenti e personaggi inventati, frutto di grande fantasia ed immaginazione, ma con un sottinteso intento formativo o di crescita morale. Negli anni quaranta l’America, con “Casablanca” quel meraviglioso film, dallecasablanca-70anniversary battute più famose della storia del cinema, “Suonala ancora Sam”, ci ha regalato quella che si rivelò essere una delle più celebri pellicole hollywoodiane di tutti i tempi. Vent’anni dopo, anche il cinema italiano ebbe il suo ruolo formativo proponendoci la Dolce vita di Federico Fellini, quella commedia all’italiana che rappresentava il neorealismo: un film ad episodi che segnò l’inizio di una serie di grandi successi cinematografici italiani.
Poi è arrivata la televisione, con Carosello quel programma televisivo italiano che consisteva in una serie di filmati, con sketch comici sullo stile del teatro leggero o intermezzi musicali, seguiti da messaggi che pubblicizzavano un prodotto.
Carosello è rimasto per molti anni fra le trasmissioni più amate dagli italiani, rappresentando, nella vita di ogni giorno, l’unico momento di aggregazione della famiglia, il tipico appuntamento serale, al punto tale, che ancora oggi la frase storica “dopo Carosello, tutti a nanna” è rimasta parte integrante del linguaggio comune.
Inserendo la réclame, in un contesto che aveva il pregio di renderla gradevole al pubblico, il suddetto programma pubblicitario, portò anche una serie di innovazioni nel modo di far televisione in generale. Rispetto alla pubblicità moderna, nel Carosello, veniva evidenziata la differenza tra le novità di una nascente società dei consumi e la rewind-2013-04-20tradizione nazional popolare e attraverso lo slogan si garantiva la qualità del prodotto.
Poi via via, è stato cambiato il modo di far pubblicità. Un esempio di pubblicità assurda, è quello spot dove il padre di famiglia che si trova in una meravigliosa isola con tanti di prodotti freschi di ogni genere dalla frutta al pesce e lui invece di apprezzare il ben di Dio che la terra in cui si trova gli offre, ha nostalgia pensando alla sua famiglia che è a casa in un condominio in città e sta “assaporando” una scatola di carne.
Dopo tanti anni, bisognava cambiare il modo di reclamizzare e così anche gli slogan si sono adeguati. Con la Pubblicità Progresso è stato introdotto un sistema “innovativo” di sponsorizzare i prodotti. Un esempio è quello spot nel quale il marito torna a casa e trova la moglie seduta comodamente sul divano. Al che si rivolge a lei chiedendole: Cara che hai fatto di bello oggi? Hai pulito la casa? Hai riparato i calzini? Hai preparato pranzo? Hai lavorato l’orticello? Hai fatto del volontariato, per aiutare chi è meno fortunato di te? E lei con un sorriso smagliante gli risponde: no, nulla di questo, ho comprato le mele!. E lui: Fantastico! Hai fatto girare l’economia. E, secondo me, non solo quella…………………….!???!!!!! Per l’amor del cielo: questo è un esempio da non imitare!!!!!!!!!!!!!!
Oggi le fiabe ce le raccontano ancora, ma il messaggio finale non ha di certo uno sfondo didattico e forse non hanno nemmeno una morale. Tutto ciò che la fantasia di allora poteva farci sognare, nell’Italia del 2015 è diventata realtà, o almeno così ci han fatto credere. Purtroppo oggi ci troviamo in uno Stato investito nel doppio ruolo di imprenditore banderasdelle partecipate e di quello assistenziale degli industriali pubblici e privati, che ci ha traghettato verso lo spaventoso “buco nero” senza moralità, senza trasparenza, senza responsabilità personale, sperperando denaro pubblico, il cui debito non riuscirà ad essere pagato, nemmeno dalle prossime quattro generazioni,  nel quale i politici sono solo in cerca del potere per il potere stesso, per portare l’acqua pubblica solo ed esclusivamente al proprio mulino, che di certo non è quello di Banderas!
Silvana Segalla

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