Pensioni: La flessibilità di Padoan e i diritti dei pensionati

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Milano 4 Giugno – I diritti dei pensionati? Non esistono. Sulle pensioni il governo della premiata ditta Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan si giocherà una partita rischiosissima che potrebbe vedere un solo sconfitto: chi il lavoro lo deve ancora lasciare, perché la parola che gira con insistenza, “contributivo“, è già un incubo per milioni di italiani. L’idea ormai condivisa è questa: si potrà andare in pensione prima ma prendendo di meno. E’ stato lo stesso ministro dell’Economia Padoan a ribadire quanto anticipato dal premier Renzi e dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “Pensiamo a una formula di flessibilità in uscita in cambio di una piccola riduzione dell’assegno pensionistico, per facilitare l’ingresso delle giovani generazioni nel mondo del lavoro”. Si tratta ora di capire quanto “piccola” sia quella riduzione.

La proposta Damiano-Baretta – Le ipotesi al vaglio sono due. Una, quella proposta in Commissione lavoro dai dem Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta, prevede la possibilità di andare in pensione prima dei 66 anni previsti, con una riduzione dell’assegno del 2% per un massimo di 4 anni. In questo modo, il limite minimo per andare in pensione è 62 anni, con l’8% totale in meno di pensione. C’è però una controindicazione: essendo molto favorevole, rischia di creare con i pensionamenti anticipati un buco drammatico nelle casse statali, con conseguente rischio di infrazioni nei conti e stop in sede Ue.

La proposta che piace a Padoan – Molto più sicuro, invece, per le casse italiane, affidarsi alla strada pensata dal Ministero dell’Economia. In questo caso si prevede che la penalizzazione per chi va in pensione prima si calcoli col metodo contributivo, sulla base dei versamenti fatti in tutta la vita lavorativa. In questo caso, il taglio medio sarebbe del 5-6% l’anno, quindi in 4 anni il pensionato anticipato perderebbe almeno il 20%dell’assegno. In pratica, converrebbe solo ai possibili esodati (non a caso il presidente Inps Tito Boeri ha già annunciato misure ad hoc per loro), con la conseguenza negativa di liberare pochissimi posti per i lavoratori giovani. Padoan, in accordo con Boeri, parla a proposito del contributivo di “unici diritti acquisiti” perché “sono quelli rispetto ai contributi versati”. A questo proposito, c’è un altro grosso rischio: calcolando la pensione di chi lascia prima con il contributivo, una parte degli assegni potrebbero addirittura essere inferiori al 500 euro. Per questo Padoan e Boeri secondo il Corriere della Sera starebbero cercando una “integrazione”, con risorse da trovare magari con un prelievo sulle vecchie pensioni calcolate col retributivo, e quindi “gonfiate”. L’alternativa sarebbe regolare gli scaglioni di Damiano-Baretta, partendo dal -2% e salendo fino al 5% al quarto anno, per un taglio complessivo intorno al 15 per cento. (Liberoquotidiano)